lunedì, agosto 26, 2019

Gocce d'inchiostro: Lamento di Portnoy - Philip Roth

Questo romanzo fu scritto in un periodo in cui la scrittura di Philip Roth non era ancora in piena maturazione e anche se io l’ho letto tardi, dopo cioè aver letto opere più mature come La macchia umana e Pastorale americana, non ho avuto ne riscontrato alcuna difficoltà ad adeguarmi alle novità degli eventi. La mia prima sensazione, che non si attenuò nemmeno quando emersi nell’afoso pomeriggio di fine agosto, fu quella di essere stata ingannata. Lamento di Portnoy sembrava uno scherzo della natura, un poema folle e sadico in cui il protagonista, nemesi dello stesso Roth, è un superuomo che dovette combattere innumerevoli battaglie, ingiustizie, egemonie pur di conquistare l’intero universo. Perlomeno, una buona parte. Philip Roth non mi ha permesso di dubitarne nemmeno un secondo. E la lettura di questo ennesimo straordinario ritratto umano ne è un meraviglioso esempio; le mie sensazioni non si attenuarono nemmeno quando vidi, con i miei stessi occhi, Alex Portnoy in “pericolo”.
Il sesso come “arma” a doppio taglio, la perversione, la cattiveria, la brutalità di certe azioni fino a renderlo ridicolo, fattori che mi ero immaginata e che in un certo senso mi aspettavo per essere usati e rivendicati.
Questo è un altro tassello che compone la produzione rothiana, ed più leggo questi ritratti brutali più mi convinco del suo strabiliante potere nell’aver rovesciato e scombussolato completamente il mio animo.
Le viscere si srotolano, si riducono in minuscoli frammenti. L’anima tartassata da infamie e ribellioni che sono un fondamento per l’anima, un modo per sfoderare alle convenzioni del secolo, al bigottismo, evasioni di massa che influenzeranno la cultura e, forse, la medesima società.

Titolo: Lamento di Portnoy
Autore: Philip Roth
Casa editrice: Einaudi
Prezzo: 12 €
N° di pagine: 220
Trama: Alex Portnoy ha trentatrè anni ed è commissario aggiunto della Commissione per lo sviluppo delle risorse umane del Comune di New York. Nel lavoro è abile, intransigente, stimato. Il libro riporta il monologo di Alex che, dal’analista ripercorre la sua vita per capire perché è travolto dai desideri che ripugnano alla “mia coscienza e da una coscienza che ripugna ai miei desideri”.
La recensione: 
E così la mia posizione, nel mentre che leggevo questo romanzo, trovò pubblica espressione nel pomeriggio in cui decisi di imbarcarmi in un’avventura avvincente e straordinaria come questa che, come un entità sconosciuta, ”maligna” ho letto e custodito nel mio cantuccio personale rivisitando una fetta di personalità, scrutando ampiamente una parte di secolo che certamente esaminerò più a fondo con la lettura di altri romanzi dell’autore, formalizzando il mio intento a scoprire l’intera produzione rothiana, con la certezza che aumentava maggiormente il mio amore nei suoi riguardi dichiarandogli una devozione e un rispetto come con pochi. In seguito, mi sono chiesta, se questo tipo di romanzi, queste opere così pretenziose e cruciali, non riescono proprio a fare a meno di stanziarsi con una certa supremazia, un certo potere, mediante atteggiamenti di confusione o ferite ancorappulsanti, e assumendo ruoli di preziosa paziente comprensione, le cui vittime sono esseri convalescenti, adulti incompresi, che si lasciano circondare dall’ansia e dal senso di colpa. Come è stato possibile che accadesse una cosa simile? Spesso mi domando come rendersi utili, se vi è una strada di salvezza affinchè certi personaggi non fossero così crudeli e malvagi. Philip Roth rivela come tali individui hanno avuto un’opportunità e loro istintivamente l’hanno rifiutata; anzi, nemmeno si sono limitati a permettere che gli calasse addosso.
Ebbi poco altro che riconoscere che, nel frastuono da cui riemersi, fagocitata da un linguaggio ampio, crudo e tagliente, non ci sarebbe stato bisogno di mentire. Il guardare negli occhi il presunto altergo dell’autore e trovare il coraggio di accusarlo scrivendo un opera che è un intero atto di ribellione, un continuo sentirsi inadeguati, inviolati, sconcertati, è qualcosa che spontaneamente non ho potuto non accollarmi. La verità, l’ignominia di alcune azioni non sono tacite ne nascoste e convincersi che Alex Portnoy sconterà la sua pena è qualcosa che non si può assolutamente bandire dalla memoria o dimenticarlo del tutto, convincendosi di aver letto una storia diversa, quanto le sue incertezze. Non ho potuto vedere tutt’altro, avevo gli occhi concatenati ai suoi; mi turbava sapere che a questa figura non sarebbe aspettata alcuna via di salvezza, ma non c’è stato niente che ne testimoniasse il contrario.
Il mio amore per Philip Roth è oramai piuttosto evidente, ma raccontare e raccontarsi un passato che non ho visto ma, mediante scrittura, ho percepito così bene, è qualcosa che ha a che fare col trionfo della stessa scrittura. Si cattura il pensiero astratto attraverso forti sentimenti di rabbia, che tornano e vanno ad accumularsi e a spronarci di agire, raccolti in mucchi di fogli a cui sono indirizzati a nessuno in particolare.
Lamento di Portnoy è l’ennesima storia americana che ha impunemente strisciato nel mio cuore, con veri e propri fondamenti logici, ma deboli rumori di un cuore ancor acerbo ma impuro che lo stesso lettore percepirà nel momento in cui si prenderà consapevolezza degli eventi, si comprenderanno e interpreteranno gli ingranaggi della mente umana, andando incontro a verità scabrose stupefacenti, quasi incomprensibili e criticabili che Roth evidenzia col suo tocco spiccatamente maschile.
Ancora una volta, mi sono scoperta franca e innamorata come non mi sentivo con nessun altro autore che non fosse Murakami o Austen. Certamente i miei dubbi ad approcciarmi a questo tipo di letteratura non sono stati del tutto vani, ma che si comprenda fino in fondo quelli che non sono altro che i resti amputati e fuggiti ad ogni controllo di qualunque individuo è un meccanismo di difesa in cui è possibile immedesimarsi, riconoscere una certa serietà dalla fuga della realtà. Disonori di un mucchio di carne e ossa ambulante ma ancora pieno di vita, buttato dal piedistallo e tormentato dall'onta del fallimento. Ma cosa fare quando eventi orribili e sconcertanti portano via la lucidità, il senno, la frivolezza, la carriera, persino l'anima, cercando di distruggere ogni cosa?
Lamento di Portnoy è un opera che si interroga sulla moralità umana in cui l'autore, scrutando ampiamente l'anima di questo suo figlio di carta, prova un'improvvisa, entusiastica forma di empatia, conforto o comprensione che la società del secolo di certo non avrebbe compreso. Ci si lamenta perché non vi si scova alcuna forma di ribellione dinanzi all’emozioni, alla vita così come appare. Se si riesce a stare vivi si riesce a combattere o a ribellarsi. Senza alcun individuo che ci dica cosa è effettivamente giusto e cosa è sbagliato. Il sesso, la razza, la corruzione, la distinzione o l'allontanamento dalla massa deidalizza la specie e costringe a pensare eternamente alla materia di cui l'individuo è fatto. Sebbene le cose mutano continuamente, la feconda irregolarità delle intese sessuali fungono da monito per poter continuare a vivere combattendo e resistendo, dando, nutrendosi, ammettendo l'insignificante ricchezza che cela la vita. Immersi nel fluire dell'inaspettata minuzia di questa abbondanza, alienanti a riconoscere l'onore di poter fare qualcosa in qualsiasi momento della vita.
L'unica cosa a cui ho potuto aggrapparmi è stata la possibilità di rispecchiarmi in qualunque forma umana o vivente incontrata lungo questo impervio cammino. Vagabondando come un anima in pena, combattendo, non facendomi intimidire da niente e nessuno che potesse approfittarsene dei miei privilegi. Una battaglia che risponde ai bisogni degli uomini. Caos di un cosmo uniforme ma deleterio a cui ci si appella mediante la logica, la fiducia in se stessi, la calma.
Alla pari di Pastorale americana e La macchia umana, Lamento di Portnoy rievoca un altro tempo, un altro luogo, un'altra epoca in cui ogni cosa è talmente inzuppata di atrocità, malefatte, che non stonano col disegno geometrico estremamente complesso e impressionante della forza e validità di queste pagine. Interpretando uno stile allora  artificioso, ma poetico ed essenzialmente tagliente, in cui ogni cosa sembra accomunata e rivelataci dallo stesso Roth alterego di Alex che, come una marionetta che manovra i fili, si mosse fra schiere di gente di qualunque sesso o razza, priva di valori positivi, educato dalla piattezza del conformismo, insoddisfatto da ogni forma e espressione, in cui alla fine si aggrappa inevitabilmente ad un unico appiglio: interpretare la vita mediante il dialogo. Mediante l'arte delle parole, in cui Roth ha inciso un segno nel mio animo, mettendo ogni cosa a soqquadro, calandosi nei panni di questo povero disgraziato che giorno dopo giorno vive isolato e avvolto esclusivamente da parole che sono sempre più vicine alle persone vere, a quella gente che mutila la nostra ignoranza.
Valutazione d’inchiostro: 4 e mezzo

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