mercoledì, aprile 08, 2020

Gocce d'inchiostro: Shantaram - Gregory David Roberts

Quest’anno, questo periodo così controverso e particolare, fra le mie letture c’è stata una new entry, l’unico romanzo fra i vecchi propositi di lettura di momenti in cui leggere un tomone come questo era accantonato a data da destinarsi. Una lettrice che ama le avventure, arrampicarsi fra le alture più insidiose della letteratura in generale, cosa che mi rende esattamente quella che sono, impavida e pronta a tutto, silenziosa come un  satellite artificiale, anche di più, una i cui pensieri vorticano vertiginosamente e che prendono forma solo su carta, rivela i suoi propositi, la sua vulnerabilità, quando scrive.
Recentemente ciò accadde con la lettura di un romanzo che ho procrastinato per tanto tanto tempo, sebbene i miei compagni di lettura mi invogliavano ad immergermi fra le sue pagine garantendomi momenti di rinascita ma anche di vero e proprio sentimentalismo. La realtà dei fatti fu che quello di Roberts è prevalentemente un romanzo spirituale nel quale sono esplicate certe idee, mediante le quali vige un fondamento logistico ma crudele che esplica come non dovrebbero esistere quelle contraddizioni notariali che differenziano l’individuo per razza, sesso o colore. Perché, pur non condividendo certe caratteristiche, siamo tutti figli di Dio. Pellegrini posti dinanzi a un cammino che ha una forma diversa, a dispetto di altri romanzi del genere, ma che spicca per la sua impronta simbolica, per una continua ricerca del bene nel contrastare il male, la libertà interiore, mediante il passato, rimasugli di una vita lontana o passata che sono veri e propri tributi alla pacificazione.


Titolo: Shantaram
Autore: Gregory David Roberts
Casa editrice: Neri Pozza
Prezzo: 25 €
N° di pagine: 1177
Trama: Nel 1978, il giovane studente di filosofia e attivista politico Greg Roberts viene condannato a 19 anni di prigione per una serie di rapine a mano armata. È diventato eroinomane dopo la separazione dalla moglie e la morte della loro bambina. Ma gli anni che seguono vedranno Greg scappare da una prigione di massima sicurezza, vagare per anni per l’Australia come ricercato, vivere in nove paesi differenti, attraversarne quaranta, fra rapine, allestire a Bombay un ospedale per indigenti, recitare nei film di Bollywood, stringere relazioni con la mafia indiana, partire per due guerre, in Afghanistan e in Pakistan, tra le fila dei combattimenti islamici, tornare in Australia a scontare la sua pena. E raccontare la sua vita in un romanzo epico di più di mille pagine.



La recensione:

Quando sei in prigione non puoi vedere alba, tramonti, cieli stellari. Sei chiuso in una cella sedici ore al giorno, dal primo pomeriggio alla tarda mattinata. Ti rubano il sole, la luna e le stelle. Non è l’inferno, ma ti tolgono il cielo, ed è altrettanto orribile.

Tra le letture di questo periodo e che mi hanno concesso l’opportunità di scoprire me stessa, sembravano esistere tanti motivi per cui una lettura intensissima e bellissima come quella di Shantaram, di cui l’autore esplica e raccoglie mediante parole eventi della sua travagliata vita mediante un insieme di identità contradditorie, in compagnia di una persona che ha combattuto pur di essere diversa, libera, mi ha spezzata da istanti sbagliati, erronei, non predestinati a niente e nessuno.Con una compagnia schietta ed estroversa come Lin, mi sentì coinvolta e in pace con me stessa. Timida e riservata, così emotivamente coinvolta nell’ascoltare qualcosa che non avevo mai sentito e che ciò fu l’occasione per leggere romanzi che hanno atteso per moltissimo tempo. Quelli che hanno raccolto l’ambizione di viverci, fra le sue pagine, per qualche tempo, che si siano trattati di giorni, settimane o mesi, tendevano a definirlo un vero e proprio viaggio. Sensazionale, avvicente, ma il cui linguaggio poco forbito ma schietto non fece uno dei punti di forza di questa lettura. Con un discreto bagaglio d’esperienza, ho concordato su chi ha ritenuto la scrittura di Roberts troppo semplice e lineare. Eppure, in Shantaram c’è racchiuso un tesoro di inestimabile bellezza che ha avuto il potere di attrarmi nella mia orbita e farmi travolgere completamente. Il carismatico Lin, alterego dello stesso autore, con le sue interminabili opinioni sulla politica, le guerre razziali, la libertà concessa ad un individuo, nonostante il colore della sua pelle, la razza o il sesso, tirarono fuori un opera estremamente convenzionale, ma fatalista e moralista che ha abbracciato svariate situazioni e che mediante scrittura ha acquisito forma. Nonostante ogni cosa sia avvolta in un sudario di inquieta neutralità, ma grazie al quale ci si può nascondere dal passato, dalle tentazioni, non facendoci più sentire così fragili e insicuri come un tempo. E Roberts è stato in grado di farmi sentire tranquilla, tranquilla nel muovermi in un luogo che non concede alcuna parvenza di moderazione, catapultata in un passato lontano che ha le sembianze di una catastrofe. Ha distrutto villaggi mediante la povertà, la carestia, i massacri, ma facendo restare intatta la nostra identità come se immersi in un sogno ad occhi aperti. Il mio universo personale era stato completamente travolto da un forte disincanto spirituale.
Se non si fosse adattato ad uno strano stato di fatalismo, ai meccanismi di una cruda realtà, Lin non sarebbe potuto divenire << L’uomo della pace di Dio >> di cui tutti parlano. L’autore, in particolare, ha avuto diversi motivi per non gradire l’entrata in scena di nuove forme di ribellioni che in un primo momento hanno contrastato le sue ambizioni, perché risultò più bravo nel leggere nei cuori della gente, nell’osservare il tutto con occhio clinico migliorando se stesso aiutando il prossimo, soprattutto i suoi più cari amici, la sua famiglia, giocando sempre fra luce e oscurità durante le trasperte dei suoi prodigi. Mi fu subito chiaro che quella dell’autore non fosse una passione innata, ma un talento consacrato minuziosamente nel tempo, che in quasi milleduecento pagine fugò ogni dubbio sulla sua colpevolezza. Sul fatto che, sebbene macchiato di orribili crimini, le sue azioni non avrebbero dovuto giudicarlo come “uomo di mala fede”, bensì interbase spostato da gruppi, anime dannate ma recise alle quali si è integrato completamente. Da qui, mediante questo fattore, ho compreso perché l’autore sentì la necessità di riporre queste sue memorie in un controverso progetto letterario i cui fatti hanno parlato chiaro delle sue intenzioni, estremamente personali.
Gira e rigira, Shantaram è quel pellegrinaggio spirituale che ognuno di noi dovrebbe intraprendere almeno una volta nella vita. Una retrocessione al grado inferiore di una monarchia, una piccola perla che brucierà sulla mia testa per molto tempo, così come i sentimenti che al cento per cento sono veri solo a livello soggettivo. Adesso Lin e la sua travagliata storia occuperanno un posto speciale nel mio cuore, e il mio vecchio desiderio di leggere di lui e di questo splendido mondo si dissolse lentamente nel momento in cui feci di Shantaram il mio cantuccio personale, il mio antidoto alla tristezza, in un periodo non propriamente luminoso. Mi ha lasciato l’amaro in bocca, su questioni relativi al suo approccio sentimentale con Karla o Lisa, ma il suo racconto così semplice – troppo intenso per competere con simili sciocchezze – mi fece ringraziare di averlo letto.
Il suo è un racconto epico, così eccezionale e memorabile che conferisce una bellissima percezione del mondo esterno, malgrado l’impegno che ci mise nel periodo della sua stesura, così potente e quasi incosapevole di tale supremazia. Non propriamente eccellente per come è stato raccontato, ma riflesso di atroci << sofferenze>> dove niente e nessuno fu lasciato al caso. Mi è bastato infilarmi fra le pagine di uno spettacolo colorato e vivace, per scrutare la figura di questo personaggio, affinchè indugiasse sulla mia testa per più del necessario: quei pensieri vorticanti che indicavano la presenza di un ombra costante, l’anima attanagliata da pensieri infausti. Poco, veramente poco per farmi venire la pelle d’oca, e non propriamente utile per i benefici della mia anima. Fulgida nube su cui ho posato il piede per salire al cielo, illuminata dai raggi di un astro luminoso e potente che sembravano appartenere alle figure che popolano questo spettacolo.
Shantaram è un paradiso per cui i viaggiatori che desiderano leggere storie come queste possono sentirsi accolti. Un bellissimo viaggio che ha il potere di farci dimenticare le innumerevoli azioni che hanno macchiato chiunque, in quanto aspirazione ad una felicità astratta che solo il perdono o la comprensione potranno redimerci. Angeli tramutati in diavoli nel cui animo imperversano bufere.
Pervaso da una strana magia, che mi ha permesso di accettare la storia di Roberts che si porta dentro, ha reso il tutto come una serie di opportunità in cui la libertà individuale e di pensiero, la bontà d’animo e d’azione, sono i capostipiti dell’intero romanzo. Fra forme e colori, parole e suoni, opera bellissima su cui predomina la forza spirituale, la volontà di scovare un’opportunità per rinascere e magari risorgere.

E’ il perdono che ci rende unici. Senza perdono la nostra specie sarebbe distrutta in una serie di faide senza fine … senza il sogno di un perdono non ci sarebbe amore, perché ogni atto d’amore è in qualche modo una promessa di perdono. Viviamo perché possiamo amare, e amiamo perché sappiamo perdonare.


Valutazione d’inchiostro: 5

6 commenti:

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