sabato, aprile 04, 2020

Gocce d'inchiostro: L'apprendista - Barbara Shapiro

Paulien Mertens era comparsa per un breve periodo e poi scomparse nel medesimo modo, quando meno me lo sarei aspettata. Ciò comporta che di lei e della sua storia, che conobbi per caso sul finire del mese di marzo, erano in condizioni di stanziare nel mio animo senza aver bisogno di alcuna motivazione o ripiego: un periodo difficile, di reclusione forzata mi ha permesso di sfruttare a mio favore questo repentino viaggio nella Parigi di inizio 1900 e lasciarmi scorrazzare liberatamente da un posto ad un altro.
Non lo avrei mai creduto, sapendo che mi mostro quasi sempre piuttosto diffidente ad ascendere alla vita di << nuove >> figure nel panorama letterario, e la vita della semplice e ingenua Paulien era ascesa sulla mia da quando il suo fu un richiamo davvero irresistibile. L’impero in espansione di un’attività produttiva famigliare contava diversi misteri, diversi segreti di cui la stessa Pauline sarà impelagata, e come consumatrice abituale di letture di questo tipo mi concessi di trascorrere un breve periodo in sua compagnia, circondata da quadri, opere architettoniche inestimabili e indispensabili per la stessa autrice, con metà dei sogni, delle speranze, che sono state investite per riporre un ritratto artistico veritiero e intenso, che non divenne ricco come credevo ma esimio profeta dell’arte e della pittura che ha stracciato la sensazione in precedenza di trattarsi dell’ennesimo buco nell’acqua.

Titolo: L’apprendista
Autore: Barbara Shapiro
Casa editrice: Neri Pozza
Prezzo: 18 €
N° di pagine: 368
Trama: E’ l’estate del 1922 e la giovane Paulien Mertens, il cuore a pezzi e duecento franchi in tasca, è in esilio a Parigi. Diseredata e ripudiata dai genitori a causa della truffa finanziaria messa in atto dal suo fidanzato George Everard, che ha condotto le Fabbriche tessili Mertens sull’orlo della bancarotta. Paulien vaga per la città chiedendosi come riuscirà a dimostrare la propria innocenza e a restituire al padre almeno una piccola parte di ciò che ha perso. Dopo aver dato un taglio ai suoi lunghi capelli e cambiato il proprio nome in Vivienne Gregsby, la giovane donna decide di sfruttare le sue competenze nel campo dell’arte per rientrare in possesso della collezione di dipinti postimpressionisti di suo padre e ottenere, così, il perdono della famiglia. Grazie alla sua intraprendenza, riceve la proprosta di fare da assistente al dottor Edwin Bradley, collezionista d’arte americano con l’ambizione di creare un museo a Philadelphia. Vivienne dovrà accompagnarlo nelle sue visite agli studi degli artisti, fargli da interprete, da segretaria, aiutarlo a fissare gli appuntamenti e a prendere accuratamente nota delle transazioni. Un lavoro che la giovane accetta con entusiasmo, conscia del fatto che potrebbe consentire non soltanto di venire a contatto con opere straordinarie, ma anche di incontrare gli artisti i cui dipinti la emozionano fin da quando era solo una bambina, come Henri Matisse, ad esempio, che col suo piglio giovanile, la barba folta e lo sguardo intelligente, non mancherà di far breccia nel suo cuore. Un lavoro, tuttavia, non privo di rischi. Qualcuno potrebbe smascherarla, magari lo stesso George Everard, in vena di architettare uno dei suoi malefici raggiri…


La recensione:
Al termine di storie che apparentemente sembrano appassite, si sfogliano mentalmente le motivazioni o le concrete supposizioni per cui la nostra anima vi ha stanziato per un certo periodo. Nel caso di L’apprendista, il bagliore di una storia non propriamente originale ma fitto di opere artistiche di vecchi autori contemporanei e non, mi era parsa si trattasse dell’ennesimo ritratto artistico piatto ma di bella presenza. Nel complesso, così si è rivelato, ma, penso, mentre ripongo queste poche righe, che ogni tanto ci sia bisogno anche di questo tipo di storie. Storie non propriamente memorabili ma che contrastano l’effetto di tutte le brutte delusioni degli ultimi tempi, letture a cui avevo riposto innumerevoli speranze, ad esempio, una decisione di immergermi fra le pagine dell’ultima fatica letteraria di una delle autrici più amate degli ultimi tempi – di cui io ignoravo la sua esistenza – che mi ha indotta a smettere di credere che certe speranze sono sempre mal ripagate. Perché questa mia prova di abnegazione si rivelò molto meno difficile di quel che credevo, non rinunciando nel provare sulla pelle il brivido del nuovo, dell’avventura, un’esperienza così intrinseca al mio animo che non ha sortito alcun dolore al desiderio di imbarcarmi in una nuova inesplorata terra, rimettendo da parte le mie velleità letterarie, sentendo gli incauti sussulti del mio cuore affondare irrimediabilmente pagina dopo pagina. Dunque, ecco che non ho potuto mollare L’apprendista. Ho dovuto mantenere un certo controllo, lo ammetto, per non cedere, riconoscendo come dietro la storia di questa semplice ma scialba ragazza si celasse un unico impressionante quadro in cui realtà e finzione si fondono e trascinano in un mondo lontano e nuovo. Niente di così ineffabile ma narrando le vicende di un essere debole e poco eroico che tanto valeva restasse sullo sfondo come un puntino su uno spazio bianco, un dettaglio insignificante che tuttavia elemosina gli avanzi putridi di un uomo che la ingannò, inducendola alla resa, allontandola dalla sua terra natale, dai suoi amici, dal suo fidanzato…
Peggio ancora, una vita inappagante già con queste credenziali lo era ancor di più nel percepire il suo amore per l’arte o la pittura come meta impossibile da raggiungere. L’autrice, però, accreditando forma e sostanza, evidenziando l’irrefrenabile desiderio di scovare quel Paradiso mancato in cui Pauline può soffermarsi come meglio crede, guardando al di là di ciò che le si pone dinanzi, osservando prospettive diverse su come comprendere il mondo, sorvolando qualunque ostacolo, ha in parte conquistato il mio cuore che una volta comprese le sue amorevoli attenzioni mi sono lasciata trascinare in un dipinto a tutto tondo che conferisce speranza. Pauline non otterrà mai ciò che desidera completamente il suo cuore in quanto il suo è un animo molto più freddo e distaccato di quel che credevo, più buio di una banalissima baia, ma i cui colori sgargianti, avvolgenti, caldi dell’arte sciolsero ogni cosa. Schiarirono pozzanghere di delusioni, inappagamenti, amarezze, poiché nella stessa arte vi sono pennellate forti, accese, anche se in realtà imparagonabili alla vita in sé, dato che solo qualche tempo prima vagava spensierata fra le braccia del suo amato George.
Da un inizio che sembrava promettere molto bene, ma poi preso da  reminescenze, ricordi di una vita passata, lontana, il cui tono greve hanno appesantito la sua lettura, L’apprendista non è stato propriamente quel vascello confortevole e comodo in cui ho potuto viaggiare tranquillamente. La sua stessa anima era scomoda, inadattabile ai venti del nord, interessante ma insondabile, con tutto quel numero spropositato di dipinti, elucubrazioni, la mera contentezza di un illusione che resterà tale. L’autrice, amante dell’arte, scrive mediante una lente d’ingrandimento dipinti spiegazzati e vecchi che è stato davvero difficile non intigere un pennino dalla punta invisibile e dipingere una storia << a se stante >>. Chiunque vi entrerà non potrà vagare liberamente e con spensieratezza nel ventre di una storia che sortisce innumerevoli riflessioni, sull’arte, sulla vita in generale. Ma del resto, è così che bisogna giudicare L’apprendista. Come lo si giudica un bellissimo quadro: piatto ma ricco di significati. Come certe storie dipinte in maniera alquanto semplice e che non perdono mai il loro smalto, qui, tuttavia sembra non averne poiché saldamente ancorato al mondo dell’arte in cui è la fantasia ad esaltarne le sue emozioni. Non l’immagine in se, ma ciò che vi si cela dietro tale immagine. E questo fattore è certamente legato alle modalità con le quali l’autrice ha scritto questa storia: il suo è un eco, una dichiarazione d’amore ai ruggenti anni ’30 e il suo personalissimo pensiero, a cui dà una foma ma non una sostanza.
Non una storia lineare, scandagliata fra presente e reminescenze riguardanti il passato, bensì una radura di figure di diverso tipo che scendono a picco coprendo qua e là una qualche forma di vita.  Figure che non si sono elevate più della stessa carta, o per meglio dire della stessa tela, che ha avuto un chè di indefinito. Le turbolenti vicende della sempliciotta Pauline, inviscata in una faccenda indecente e indecorosa, spariranno completamente fin quando le ultime trenta pagine, le ultime battute finali, suggelleranno il verdetto finale. E, come da contorno, l’ascesa della giovane fra alcove segrete che solidificano il suo astro nascente nel mondo dell’arte. Mediante una carriera come apprendista, alla mercè di un uomo rozzo e un po’ volgare.
L’apprendista è un romanzo che evidenzia come talvolta si è ciechi, ciechi nel sondare qualcosa di insondabile, irrazionale, sebbene l’intento di vedere è scontato. Ma scialbo, piatto, privo di passione e di quella irruenza emotiva che tanto mi piace riscontrare in questo tipo di storie, perché dotato di un sottile incanto per il suo modo garbato di rivolgersi persino a chi non ama l’arte. E, nel mentre lo si legge, si interpreta questo quadro, ci guida a saper apprezzare la bellezza delle cose nascoste, riscattando le pessime sorprese che la vita ha elargio alla giovane Pauline sino a quel momento.

  1. Valutazione d’inchiostro: 3 e mezzo

4 commenti:

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