Da dove partire per scrutare fino a fondo l'anima di questo romanzo?
Da dove partire per comprendere la mente di una donna anziana e fragile? Realizzo
teorie, ipotesi, pensieri che si avvicendano in ordine sparso nella mia mente.
Ci potrebbero essere un mucchio di teorie che potrebbero reggere. Ce ne sono state
qualcune, durante il corso della lettura, che avrebbero potuto rendere questa
lettura stupenda, ancor più bello il pensiero che questo romanzo si fosse
presentato all'improvviso dopo una lunga serie di letture di diverso tipo. Una
di quelle rare letture che, con un vanitoso eccesso di calore e di luce e di
speranza, avrebbe illuminato i corridoi bui della mia anima, qualificandosi
così come un nuovo inizio, una sferzata di bontà.
Ho percorso i meandri turbolenti dell'anima di questo romanzo, con
un marasma di emozioni che, pian piano mi avvicinavo alla fine, andarono a scemare.
Dovevo aver immaginato tutt'altra storia; e sebbene un po' lungo e dispersivo è
un romanzo che promette tante cose, belle e brutte, che illuminano o oscurano
giorni a avvenire, e giorni uggiosi che insegnano ad apprezzare ciò che abbiamo
e che dovremmo tenerci stretti.
Titolo: Il quderno dei nomi perduti
Autore: Sofia Lundberg
Casa editrice: Dea Planet
Prezzo: 17 €
N° di pagine: 377
Trama: Di cosa è fatta davvero una vita? Cosa vale la pena salvare
dalla sabbia impalpabile dei giorni,degli anni? Se lo chiede, sola nel suo appartamento
a Stoccolma, l'anziana Doris. La risposta è racchiusa in un quaderno molto
speciale. Quello che il padre le regalò per il suo decimo compleanno, e che lei
vuole lasciare all'inquieta nipote Jenny. Alle sue pagine ingiallite Doris ha
consegnato tutti i nomi della sua lunga e tumultuosa esistenza: Stoccolma, Parigi,
New York, Madame Serafin, Gosta il pittore, l'ingenua sorella Agnes. E Allen. Parenti,
nemici, amanti: ognuno occupa un posto cruciale nel romanzo della sua vita,
ognuno ha una sua storia e tocca a Doris, adesso, raccoglierle. Per riannodare
le fila di un destino che, malgrado tutto, prepara gli ultimi colpi di scena. E
ritrovare il senso di un viaggio che forse si chiama amore.
La recensione:
Non ci rendiamo mai
conto di quello che abbiamo finchè non lo perdiamo. E a quel punto ne sentiamo
la mancanza.
Quando mi fiondai fra le pagine di questo
caso editoriale con il mio immancabile blocnotes, riscuotendomi da una sognante
fantasticheria, sballozzolandomi forse troppo bruscamente da un paese a un
altro, nel giro di vite di svariati personaggi, mi sono resa conto del mio
eccessivo entusiasmo che ho riservato a queste pagine, di cui avevo già
ascoltato qualche parere di qualche lettore alacre e diretto, incuriosendomi ma
demoralizzandomi. La storia sembrava non aver sfiorato più di tanto. La
lettrice onnivora che è in me non poteva di certo lasciarsi contagiare dal tono
ilare, spigliato e un po' pungente di coloro che prima di me avevano letto il
romanzo della Lundberg - per correttezza. Nelle manciate di ore trascorse in
sua compagnia io e i personaggi della Lundberg eravamo diventati intimi, ma
quanto sembrava artificioso il nostro legame mentre mi imbattevo in una storia
che propone abbastanza gioia da nutrire l'anima, ma anche tanto dolore da non
poter godere di ogni momento di tranquillità.
Mentre fra me e Doris si spalancava
lentamente la distanza mi resi però conto di quanta strada aveva fatto
questa donna. Questi momenti sono stati raccontati dalla stessa Doris e
riportati in un piccolo quaderno dalla vecchia e consunta copertina vivendo in
un mondo quasi estraneo ai nostri occhi, ma a cui manca la sicurezza
necessaria per recuperare l'idea originale di vero amore.
L'autrice, giornalista statunitense, non è
riuscita ad escogitare niente di meglio se non una storia semplice, a
tratti banale, in cui purtroppo per me si è protatto il silenzio, e il
dispiacere che Il quaderno dei nomi perduti tutto sommato non
era la storia che avevo immaginato.
Ora però qualcosa devo pur scriverla.
Tutto ciò che ho è un vecchio e consunto diario dei nomi, una manciata di speranze,
sogni stagnanti e sospesi nell'aria che poggiano sulle giornate di fine estate
trascorse in compagnia di Doris. Che fosse troppo poco? Forse si, sebbene ho
potuto scivolare nel ruolo di osservartrice attenta. La Lundberg
mi aveva deluso. Un pochino si. E non appena giunsi al finale
ridimensionai ogni cosa. Letture di diverso tipo mi hanno insegnato a
dedicare del tempo a quelle letture in cui si scorge qualcosa di
simbolico, d'importante, mentre Doris restava comunque adorabile
e avvizzita come sempre, specie adesso che
si avvicinava alla morte. Ma incapace di andare oltre, si
è affidata alla risacca disomogenea dei ricordi, impaziente che
qualcuno si accorgesse di lei. Si sforzava, anzi, di mostrarsi
spensierata, distaccata, rievocando i suoi ricordi. Eppure già dopo qualche
battuta capii che presto o tardi la sua avventura avrebbe avuto
un ché di tragico.
Il mio sguardo era scivolato su quella
copertina dai colori pastello, ma non lo metteva bene a fuoco.
Il suo benvenuto mi sospinse al
largo, a New York, in Scozia, fra le braccia di due giovani dal cuore
puro, il cui canto d'amore mi cullò come una dolce litania ma non infervorò il
mio animo come credevo. Si spense rapidamente, animata da una volontà
propria, ma catapultata forse troppo repentinamente in un epoca che
ha sempre destato il mio fascino.
Tra miliardi di chilometri in cui persiste
una certa malinconia, lei e il suo Gosta non hanno saputo lasciarsi
contagiare neppure dalla fugacità di un misero atto di felicità investita
inevitabilmente anche dall'atto più insignificante. Circondata da giovani
lavoratori imprigionati nella solida cella della diffidenza e dell'orrore che,
umili ma afflitti, vengono involontariamente considerati deboli e inferiori,
etichettati quasi come una minaccia.
Tra le sue pagine, mi sono nutrita di una
certa nostalgia pensando al tempo che invece a me è concesso. Alla libertà
delle mie azioni, ai giorni in cui non sento il peso delle aspettative di
qualcun altro che non mi appartengono. Mi fanno sentire come quella che sono
realmente: una ragazza fortunata che non deve fare i conti con un amore
impossibile o la mancata libertà.
Una storia profonda e travolgente che non
mi ha lasciata pienamente soddisfatta, ma che è un bel affresco
sull'adolescenza, sulla giovinezza, sull'amore di una madre, una sorella.
Un'analisi prettamente realistica su una parte più intima della nostra anima: i
sentimenti, In cui c'è un invisibile linea di demarcazione sulla disuguaglianza
razziale, e dove l'ago del tempo oscilla continuamente fra passato e presente,
in un carosello di immagini nitide e svariate.
In un sudario di dubbi, paure e angosce
capace di logorare persino l'anima dei più coriacei, nella profondità di esseri
umani, due creature legate da una sentimento puro, una storia che trascina
sull'onda del necessario, deliziandomi al punto che, pagina dopo pagina,
divenivano ai miei occhi quasi come un entità unica e perfetta. Gosta e
Doris infatti, hanno sempre rinnegato i pregiudizi, la crudele volontà di
non poter trascorrere del tempo assieme. Un'empia solitudine incombe su di
loro. Quasi come un castigo: una diversità miserabile, che lentamente li
uccide.
Il romanzo della Lendberg è un
romanzo che avrebbe potuto possedere una sua anima: quella di una giovane
donna che, ai suoi tempi, le fu impedito di amare l'unica persona che abbia mai
amato nella sua vita. Privo di originalità, nella sua semplicità e schiettezza,
mi ha tenuto in piacevole compagnia. Essendo una storia realmente esistita, ho
avuto come l'impressione che questo romanzo avesse vita propria. Sfogliandone
le pagine, infatti, mi è sembrato di vivere in prima persona le vicende della
minuta Doris quasi la protagonista diventasse invisibile e la sua storia mi
avvolgesse dolcemente la pelle. Pochi personaggi affollano questa strana storia
che di particolare, in se, possiede ben poco. Ammalia, intriga, fa vibrare il
cuore con una melodia tutta sua, ma non appassiona come invece credevo. Si
parla di un amore impossibile che sfidi qualunque epoca o avversità, di un
legame indissolubile che trascenda qualsiasi limite d'età, tutte cose che amo
riscontrare nei romanzi che parlano d'amore e di guerra. Ma che qui, invece, mi
hanno soddisfatta ben poco. La quarta di copertina, inoltre, garantisce la
storia di un amore senza tempo. La storia di un amore folle, necessario,
imprudente che sfidi chiunque. Di cui io, che di romanticherie ne leggo a
bizzeffe, non ho riscontrato nulla di simile. Avrebbe dovuto essere una trama
che procede verso l'estasi, dove si perde il senno e i sensi, anziché uno spiattellamento
dal sapore dolciastro che l'autrice propina per provocarci qualche semplice
brividino.
Ingenuo, romantico e, a tratti, dolce, Il
quaderno dei nomi perduti ha lo stesso sapore delle storie d'epoca che
qualche volta amo leggere. Semplice, triste, amaro. A tratti suggestivo, a
tratti carico di una certa drammaticità che sedimenta dentro l'anima di chi
legge e, quasi sempre privo di pathos, non riesce a trascendere nello
sconfinato mondo dell'immaginazione. La storia appassiona perché è semplice e
ha incontrato i miei gusti di lettrice, ma, la ragazza che divora i libri come
se non ci fosse un domani, si aspettava qualcosa di diverso. Qualcosa che
facesse sussultare il suo cuore ancora timido e puro.
Ci parla di persone comuni, di gente umile
e modesta, costretta a vivere fra i stenti e la fame. A convivere in
solidarietà, pur di garantirsi anche un misero tozzo di pane, o a lavorare
duramente di cui io, tra nascite improvvise e aborti, partenze e arrivi varie
avrei voluto sapere di più. La sua voce è quella dell'ormai anziana e rugosa
Doris che, costretta a cavarsela da sola, ha dovuto farsi carico di gravi
responsabilità. Lei che con la voce armoniosa, gli occhi incorniciati da spesse
ciglia e il cuore ancora colmo di una tristezza indicibile, ha appassionato me
e la sua figlia adottiva intensamente.
Un inno all'amore, alla vita e alla
speranza. Un romanzo intenso, ma non troppo, col quale l'autrice, con un
filo di drammaticità e un principio di romance, tesse una storia che profuma di
antico, germogli ancora freschi e profumati e che si camuffa tra i dolorosi
ricordi di un'adolescente ignara della vita e dell'amore.
Valutazione
d'inchiostro: 3
Ultimamente mi sono lasciata sfuggire un sacco di titoli, questo libro ad esempio non lo conoscevo affatto. Le premesse sono interessanti, ma forse l'autrice poteva fare di più per svilupparle.
RispondiEliminaSì, Beth. Questo infatti è stato il principale motivo per cui gli ho assegnato questo voto ☺
EliminaIo qui ho adorato tantissimo Doris un personaggio bellissimo
RispondiEliminaDoris mi è stata simpatica sin da subito, ma, purtroppo, per me non è stato sufficiente 😕
EliminaDavvero una bella lettura, mi è piaciuto molto per il viaggio nel passato che mi ha fatto fare. Mi piace ripercorrere la vita di un personaggio attraverso varie epoche
RispondiEliminaA me è piaciuto, ma con qualche riserva.... Non ne sconsiglio comunque la lettura ☺
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