La passione sfrenata che provo per i libri e la buona
letteratura non mi lasciano mai il tempo per valutare se certi romanzi, una
volta letti, siano necessari o leggibili. Non mi faccio mai ulteriori
rimproveri, ne ricamo pensieri, frasi o parole che potrebbero inasprire la mia
anima semplice. Così, sentendomi rassicurata dalle parole, qualunque essi
siano, non faccio mai caso che quando leggo un romanzo vengo trascinata verso
poi innumerevoli critiche, ripensamenti, rimpianti per letture che valgono
molto più delle altre, che mi danno l'opportunità di rifletterci continuamente.
Il mio unico desiderio, in questi casi, così lungo e combattutto, di imbattermi
in letture valide, positive, spensierate, romantiche, profonde o indimenticabili,
e dopo, solo se necessario, rassegnarmi nel trovare in qualche aspetto negativo
taluni aspetti positivi. Scrivendo, mi rendo conto, la mente prende una strada
tutta sua; i miei pensieri, quasi sempre immersi nel mondo in cui ho scelto
d'immergermi, in una moltitudine di idee, con il loro splendore eclissano ogni
sinistra eventualità.
Certe predisposizioni, nella mia carriera
di lettrice, spesso e non poche volte, sono state disgraziatamente vicine al
mio cerchio personale; mi hanno obbligato a rivalutare quell'autore o
quell'autrice, desiderando non leggere mai più qualcosa partorito dalla loro
penna, che mi faccia perdere del tempo prezioso, come se attendessi un segno
divino. Le letture deludenti, quegli autori che io colloco mentalmente nella
categoria di "a mai più, arriverderci!" sono ancora una piaga
purulenta all'interno del mio corpo, causata da continui avvicendamenti o
incidenti letterari di diverso calibro, durante i molti anni di regolare e
devoto servizio nel mondo di carta e inchiostro.
Questo lungo e insensato sproloquio,
all'interno di questo nuovo post, quest'oggi mediante un'idea che mi ha come folgorato: quali
sono quei romanzi che molti lettori hanno amato e che io invece ho detestato
impunemente? La mia coscienza, testimone e presente in innumerevoli silenzi,
spesso accenna a innumerevoli e spiacevoli episodi che sono la dimostrazione
del mio disinteresse maturato col tempo. Ho disapprovato certe letture, non i
suoi autori, e, per come è andata la prima volta, diffido potermi aspettare
diversamente. Ragione per cui mi trovo nuovamente qui a riempire e racchiudere
in un foglio virtuale pensieri, opinioni, parole, che in un certo senso confido
possano fraternizzarmi con lettori che invece questi libri li hanno amati. Colpiti
piacevolmente da una trama forse troppo prevedibile, a prescidere dal target o
da come sia stata scritta una storia.
Sostenuta dall'impulso di quest'ora,
concludo questo post riportando un numero di romanzi che, quando li lessi, io
non vidi nulla che mi portasse alla diretta via :D So solo che i loro acquisti
sono stati tutti voluti, impulsivi, tutto il resto è avvolto in una nebbia
confusa. Concezione questa che ha a che fare con l'essenza stessa che io
attribuisco ai libri, come una divinità classica cui sono solita stare in
compagnia quando passeggiamo assieme.
Al primo posto di
questa classifica, Il Natale di Poirot, della bravissima Agatha Christie, la cui motivazione in merito a questa collocazione è semplicissima: io non amo i gialli. Sebbene la genuità narrativa dell'autrice è stata per me notevole, il processo stilistico ha avuto su di me qualche percussione. Le indagini dello scrupoloso, attento detective Poirot, che ignaro di tutto si addentrerà in calcoli di alta precisione, scoperchia lenzuoli intrisi di sangue e urine per dimostrarci che il suo soccorso immediato costruisce un atto di aiuto, presto o tardi hanno finito per stancarmi.
Al secondo
posto, Il giardino degli incontri
segreti della prolifica Lucinda Riley. Romanzo che ho giudicato negativamente
per la mancata analisi storica, le continue pennellate di colori troppo accesi
per i miei gusti, innumerevoli pecche che non solo avrebbero potuto alleggerire
la lettura ma rendere il tutto molto più semplice del previsto.
Proseguiamo con L'allieva
di Alessia Gazzola. Primo romanzo di una lunga serie tutta all'italiana,
divertente e ironica per l'eroina di turno, Alice Allevi, ma poco appassionante
in quanto colorato da innumerevoli tinte giallognole.
Romanzo in cui i protagonisti si aiutano l'uno con l'altro, e che
lessi solo per il paragone di Galdino con il poeta dell'amore Nicholas Sparks.
Dichiarazioni d'amore che non generano ansie o batticuore, lasciano piuttosto
un segno indelebile come un solco profondo, impedendo di instaurare
quell'invisibile ma forte legame fra lettore e autore.
Il duetto Colpa delle stelle
e Città di carta che mi hanno dato
conferma come io e John Green dobbiamo stare uno lontano dall'altra. Romanzi
zeppi di realismo, bravate di ragazzini o adolescenti irresponsabili ed
egocentrici, amori puri e semplici sparsi nell'aria stagnante che colgono frammenti
di vita di una generazione che non è più la mia, e di cui io mi sento completamente
distante.
Tentativo di ascoltare in un certo modo la voce con cui è stata raccontata
questa storia per poi trovarla completamente inadatta con quella del mio animo.
Forse io avevo immaginato di leggere qualcos'altro. Qualcos'altro che non ho
potuto conoscere così bene e che disgraziatamente non si è sposato con i miei
gusti.
Saggio
sull'importanza dei libri e della lettura, che francamente mi ha annoiato
moltissimo. Certi romanzi così noiosi, se trattano di un argomento a me molto caro
divengono poi nell'immediato oggetto di allontanamento e insoddisfazione.
Il fantasy Magic,
esordio di una giovane autrice americana che non è stato la promessa a un'avventura
straordinaria e indimenticabile che, sebbene sia impregnato di magia, duelli in
cappa e spada, castelli maestosi e incantati, non ha conferito un'immediato
senso di solidarietà piuttosto una sensazione un po' caotica e scomoda.
Slanci del cuore che sprofondano nel nulla, amanti che si amano
come se fossero incatenati, stretti in braccia protese, ma che non riescono a
congiungersi.
Storia strana
e particolare che, francamente, io non ho compreso.Ho potuto sentire i battiti
di un cuore maturo, la speranza che menava fendenti alla mia giovane anima. Ma cosí aspro in cui in gioco ci sono i sentimenti delle persone, colorati da
particolari sfumature, in un miscuglio di fiabe celebri che tuttavia non
impediscono a ritrovare il sorriso.
Una favola moderna francese di cui non ho compreso il suo meccanismo
complesso, costellato da una scrittura tuttavia poetica, profonda, che, disgraziatamente
per me, non ha sortito alcun effetto.
Si tratta di una lettura satura di malinconia, di disagio,
insoddisfazone morale che, quasi come una ferita inferta spudoratamente,
continua a sanguinare. Sebbene scritto mediante una prosa raffinata, semplice e
asciutta, l'autrice non invita a compredere la natura atipica della sua protagonista,
che, tuttavia, dalle premesse, sembrava voler dire molto più di quel che immaginavo.
Questo romanzo
non è stata una lettura propriamente brutta o che mi ha delusa, come pensavo.
Tuttavia, la Jackson, nonostante mi ha raccontato una storia affascinante,
sotto certi versi particolare, sotto altri magnetica, non mi ha trasmesso quel
piccolo languore, quel mancato desiderio di poter leggere qualcos'altro di suo.
Non riempiendo il mio animo di una dolce melodia, di sentimenti in cui la natura
infruttuosa delle cose confina con l'orrore, la deformità, la follia.
Per quanto elegante e sofisticato, questo romanzo non ha infervorato
il mio animo come credevo. La storia narrata, sebbene semplice e poco originale,
non nasconde un certo fascino - si avverte il forte desiderio di condivisione
di questo giovane ribelle. Eppure, non la stessa persona con il quale qualche
mese fa confidavo di incontrare.
Romanzo per giovani adulti che tuttavia affronta importanti tematiche:
l'alienazione, il razzismo, il sentirsi poco conforme alla realtà circostante,
che corrodono lo spirito di chiunque legge. Tuttavia è anche una lettura che ha
sortito in me un certo disagio, che include un esame attento sulla psiche umana,
in una trama impenetrabile che scivola nei recessi umani, ergendo un muro di
dubbi e perplessità che inquinano lo spirito.
Il mio
problema con gli autori nostrani, mi dico spesso, è che se la mia coscienza
ogni tanto concedesse un po' di libertà, un po' di tregua dai pregiudizi, dalle
critiche sentite, la mia anima di lettrice non dovrebbe essere così selettiva
nel dividere immediatamente autori di ogni età, sesso o razza in due
classifiche - quella in cui ci rimarranno per molto tempo, e quella invece
colma come una fila di rifiuti su un braciere. Perché da lettrice, talvolta, mi
rendo conto, sono esigente: questo tipo di letture apparentemente mi stringono
saldamente nel loro abbraccio e dominano su tutto. Sono poi le divagazioni
stilistiche, la mancanza di pathos, il poco sentimento - così tanto osannato e
sopravvalutato - a farmi rendere conto, più di ogni altra cosa, che la forza di
un libro, il suo apparire fantasiosamente nella materia grigia di un lettore,
sta nell'interesse che gli attribuiamo. E il romanzo di Basile disgraziatamente
rientra in questa categoria.
Una lettura in cui mi sono sentita insoddisfatta, sin dalle prime pagine
del prologo. Esperienze di vita in cui ognuno di noi può riconoscersi, in un
irresistibile silenzio, in un mondo intangibile e imperscrutabile dove le
certezze evaporano nell'aria come nubi, sorvegliano silenziosamente l'azzurro
del cielo. Una cornice in cui lo sguardo non rimane intrappolato, non si fissa
come un'impronta nella mente.
Ho letto il manoscritto di Green con una
certa speranza nel cuore, ma rivelatosi un po' inconsistente, superficiale,
vago. Una rivisitazione di uno dei miei classici preferiti, in cui vi ho
riscontrato poche sensazioni positive. Poca profondità, potenza. Un lungo
travaglio. Ho desiderato cimentarmi nella sua lettura, facendomi prendere per
mano dall'autore. Mi sembrava di aver sentito la sua voce, così profonda e
ironica, ma ciò che Green ha scritto non mi ha colpito come speravo.
Il primo caffè del mattino, letto tempo fa non m iè piaciuto per niente... odio le frasi in dialetto e questo libro è pieno di dialoghi in rimano...
RispondiEliminaIl sentiero dei profumi invece mi è piaciuto molto, sarà che amo la Caboni :P
Sì, la Caboni è un autrice piuttosto amata. Io forse l'ho conosciuta col libro sbagliato, e forse in futuro gli concederó una seconda occasione ☺☺
EliminaPost interessante, mi spiace però scoprire che L'Allieva non ti sia piaciuto, io l'ho adorato! Alcuni li ho in lista
RispondiEliminaIo purtroppo non amo i gialli, Benedetta, e questo ha influito molto per questa lettura 😕
EliminaCiao Gresi, "Il giovane Holden" non ha convinto molto neppure me, mentre adoro Basile e Galdino! Della Caboni ho letto solo un romanzo, che nel complesso non mi era dispiaciuto, ma al momento non mi sento portata a leggere altri suoi romanzi perchè il suo stile è troppo lento per i miei gusti... La serie della Gazzola, a mio parere, migliora con il susseguirsi dei romanzi ;-)
RispondiEliminaCiao, Ariel! Della Gazzola vedo ne parlate tutti molto bene, e mi fa piacere ☺☺ io purtroppo sono una voce fuori dal coro, in quanto come dico nel post sopra, purtroppo non amo i gialli 😕
EliminaConcordo con te su molti titoli, l'unico su cui non concordo è quello della Christie �� io l'adoro.
RispondiEliminaPraticamente l'ho letto grazie alla tua challange, altrimenti non penso l'avrei mai letto ☺
EliminaPeccato per Magic, a me è piaciuto molto, mentre sono d'accordo con te per quanto riguarda Tredici, non mi ha mai convinto nè il libro nè la serie tv
RispondiEliminaTredici mi è sembrato troppo ingarbugliato. L'autore non scrive male, ma è la natura della storia che non ha coinciso con i miei gusti letterari 😕
EliminaQuasi tutti i romanzi che hai citato non mi convincono! Ero un po' tentata di leggere la rivisatzione zombie di orgoglio e pregiudizio, ma mi hai solo confemrato l'inconsistenza che già prevedevo..
RispondiEliminaBellissimo post Gresi, davvero molto utile!!:):)
Grazie mille Nick! ☺
EliminaDiciamo che in passato ho preso qualche batosta , e mi è sembrato carino redarguire con i miei consigli qualche lettore 😉
è giusto avere opinioni differenti, è il bello di avere una testa pensante e aiuta ad ampliare i propri orizzonti. Dei libri citati ne ho amati alla follia alcuni (Fagirl, Colpa delle stelle) e me ne sono piaciuti molto altri (Magic, Tredici) però è sempre utile sentire un punto di vista alternativo
RispondiEliminaGrazie ❤❤
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