All’ombra
di Julius apparve con la sua bellissima copertina in bianco e blu
giudicandolo esattamente per come si è rivelato:una lettura bellissima, il
racconto di una famiglia recisa da un orribile evento, sciorinato in un età che
si aggira intorno agli inizi degli anni ’20, col pallido riflesso di visi
segnati da tanti pensieri e propositi.
Sopra di me, il
fantasma della sua autrice, che pendeva sopra la mia testa, deceduta oramai cinque
anni fa, che onnipresente come Dio lasciò in ogni suo romanzo frammenti della
sua essenza.
La Howard fu quel
tipo di donna che negli anni vissuti non conobbe con esattezza il significato della
parola << amore >>: appassionata lettrice, ingenua, romantica e
sognatrice, che in linea diretta alla mia anima, a quella perlomeno di cinque
anni fa, nella sua difficile giovinezza crebbe mediante concetti o paradigmi
violati, che non ammisero ulteriori spiegazioni sui problemi più complessi
dell’esistenza umana. La sua, e degli individui che vi fecero parte.
Attratta da un
concetto ben lungi di perfezione, ho così accolto la lettura di questo
splendido romanzo con straordinaria forza, mostratasi nel momento in cui
lasciai cadere alcuna remora o obiezione ai miei propositi natalizi, che
tuttavia ho applicato strenuamente.
Amo la Howard, mi
piacciono i suoi romanzi, che man mano arricchiscono il mio bagaglio letterario
divengono sempre più belli, per quanto me lo consenta la mia natura; e anche
nei confronti di All’ombra di Julius il mio atteggiamento è stato uguale a
tutti gli altri, giudicandolo più come un’esaltazione dell’anima dell’autrice anziché
come argomentazione sentimentale. Il mio fervido interesse fu tale che assursi
a qualunque intoppo, che a lettura terminata non vedevo l’ora di poter leggere
qualcos’altro. In qualunque aspetto, sia negativo sia positivo, i romanzi della
Howard sono scialuppe di salvataggio dinanzi un mare in tempesta che potrebbe
essere affine ai gusti di molti lettori che si considerano impavidi e curiosi,
il che quel regalo perfetto per regalare un sorriso, donare felicità con un
semplice gesto.
Titolo: All’ombra
di Julius
Autore: Elizabeth
Jane Howard
Casa editrice: Fazi
Prezzo: 20 €
N° di pagine: 326
Trama: Londra, anni
Sessanta. Sono trascorsi vent’anni da quando Julius è venuto a mancare, ma il
suo ultimo gesto eroico ha lasciato un segno indelebile nelle vite di chi gli
era vicino. Emma, la figlia minore, ventisette anni, lavora nella casa editrice
di famiglia e non mostra alcun interesse verso il matrimonio. Al contrario,
Cressida, la maggiore, è troppo occuppata a struggersi a causa dei suoi amanti,
spesso uomini sposati, per concetrarsi sulla carriera di pianisti. Nel
frattempo Esme, la vedova di Julius, ancora attraente alla soglia dei sessant’anni,
rifugge la solitudine perdendosi nella routine domestica della sua bellissima
casa color rosa pesca. E poi c’è Felix, ex amante di Esme e suo unico vero
amore, che l’ha lasciata quando il marito è scomparso e torna in scena dopo
vent’anni di assenza. E infine Dan, un estraneo. Le tre donne e i due uomini
legati da un filo che solca presente e passato, si ritrovano a trascorrere un
fine settimana tutti insieme in campagna: caratteri e personalità, segreti e
lati nascosti, emergeranno attimo dopo attimo in queste giornate intense,
disastrose e rivelatrici, sulle quali incombe, prepotente, l’ombra di Julius.
La recensione:
<<
Quando una cosa va male .. lo sai come ci si sente… sul momento ti sembra che
quello che fai non abbia importanza, che tutto sia perduto comunque. Poi viene
il momento in cui ti accorgi che invece importava e come, ma non puoi più farci
niente. Tutto importa proprio come se le cose fossero sempre andate così come
dovevano andare. >>
Sul finire del 2019, che si affievolisce
sempre più come una debole luce, trottai lungo la via pianeggiante che si snodava
fra strade polverose e fuligginose, estese per miglia e miglia, spalleggiata
all’orizzonte dallo sguardo attento e scrupoloso di una donna attraente, sul
cui palmo della mano risiedono beatamente nient’altro che piccoli frammenti
della sua anima, che parevano rifulgere man mano che mi avvicinavo, ricoperti
di dramma e sentimentalismo.
Fui così assorta da questo tipo di
vicinanza reciproca che non riuscì a non farmi contagiare dal tono intimo, introspettivo
e diretto della Howard; il silenzio era rotto unicamente dallo sfogliare delle
pagine nelle manciate di ore che mi lasciai alle spalle. I sentieri che ho
percorso furono così solitari che le figure che popolarono queste pagine
rimasero solo ai bordi, sebbene scivolarono fuori dalla carta e dalla loro
corazza di figure recise e drammatiche le cui colpe o rammarichi pendevano in
pesanti grappoli di carne e ossa; leggere i romanzi della Howard equivale
agganciarli con destrezza, abbracciarli in ogni forma e imperfezione, donando
spessore, vericità alle sue pagine.
Le pagine bianche di un romanzo, spesso,
palesano sin dall’inizio le vere intenzioni del suo autore, lasciando qualche
segno sparso qua e là, mentre l’atmosfera grave, attanagliante, in cui tutto
ciò avviene, consolidano in un quadro a dir poco magnifico che riluce nei visi
di chi legge; il rivestimento puro ma opaco con il quale fu rivestito All’ombra di Julius prese vigore sin
dalle prime battiture, con i suoi ampi spazzi introspettivi da cui non è
entrata molta luce, ma che permisero uno squarcio dell’anima dei protagonisti,
la cui superficie era molto simile a quella della sua creatrice. Si trattava di
uno spettacolo meraviglioso, assurdamente romantico e folle che non mi turbò
minimamente, ne mi sorprese, che divenne più scuro man mano che l’anima di
Emma, Cressida, Den, Felix si sarebbe librata in cielo fra le avverse stelle,
smarrendosi nel loro cerchio come sbaffi di una capigliatura fuori da una
cuffia bianca, così appiccicosi al mio essere da non aver aspetto migliore di
quello attuale.
Accostandomi impercettibilmente, mi avvolsi
attorno All’ombra di Julius come un
pezzo di stoffa ad una vela, reggendo agli eventi o alle situazioni da cui non
potei scivolare se non alla fine, perché la stretta della Howard questa volta
fu davvero potente. Come con Cambio di
rotta, mi sono sentita unanime ai suoi personaggi, penetrata fino a fondo
nei tessuti adiposi dei loro algidi cuori, rispondendo ai drammi o dilemmi del
cuore, che alla fine avranno una loro risposta. L’unica risposta che ho avuto
coincise con quella proveniente dall’eco sussultante del mio cuore, resti di un
antico fervore che si era levato contro il cielo, oltrepassati e invasi dalla
presenza onniscente della sua autrice.
Questo, come del resto ogni suo romanzo, è
stato l’ennesimo splendido posto, una delle mie numerose dimore in cui sono
stata ospite in questi 365 giorni, che appartennero solo ed esclusivamente all’autrice
la quale, sin dal primo momento in cui la conobbi, esercita una certa influenza
su di me; un certo magnetismo, ammaliamento a cui non posso non rivolgere
svariati pensieri, sentimenti contrastanti, emozioni che nemmeno io riesco a
tenere a bada, avvolti da una spessa coltre di melanconia nell’estinguersi da
una dinastia così feroce, tirannica e brutale.
Ormai a metà strada nel lungo viaggio
howardiano, All’ombra di Julius
denuncia l’esistenza di un contatto, anche se discontinuo, con le sue più
incredibili conseguenze, tra il mondo solitario e la vita moderna. La vita
moderna, che allungò i tentativi di sfiorare quelle semplici esistenze locali
di uomini o individui comuni, ritratta con semplicità ma una certa tristezza
che sedimenta nell’animo. Il romanzo, infatti, esalta continuamente il rimorso,
il senso di colpa, scaricati come mitragliatrici su un terreno incolto, sotto
diversi aspetti, conferirono a questa lettura un ché di amaro. Elemento
predominante della produzione dell’autrice, contro le quali è stato un così
fedele specchio.
Arrestarsi silenziosamente dinanzi a una
storia come questa è stato un moto volontario, a cui non ho potuto non affezzionarmi,
che mi bloccò nel vano d’ingresso di un mondo letterario che invece sarebbe
splendido osservare da vicino, dando voce a chi non aveva ancora avuto voce. Recidendo
un pezzo del mio cuore lasciandolo nelle abili mani della sua creatrice,
sbirciando dalla mia postazione preferita dal quale sono fuggita, ho scorso
sagome in movimento dirigersi nella penombra di uno sfondo saturo dalla
luminosità di una campagna londinese, l’aria densa di sofferenza, ansia,
disprezzo. L’inizio di qualcosa che richiama costantemente al passato e che
recupera, ancora una volta, ciò che è stato perso nel tempo. Scritto in un
momento di pura e insana felicità, lungo la vetta di un promontorio nel quale è
stato possibile evidenziare l’emotività individuale, storia drammatica e
intensa che ha una sua importanza simbolica e non metaforica che, mediante la
redenzione di colpe che non ci apparterranno del tutto, si oltrepassa fra
diverse difficoltà pur di rinascere. Avvolti come in una coperta di avvolgente
surrealità che inorridiscono ogni cosa, la tranquillità di chiunque,
differenziandoli dagli altri proprio come la Howard li rese ai suoi scopi.
La vita non la si può vivere nella sua
completezza se ogni tanto non ci si lascia andare a qualche facuo piacere; ma
cosa fare, quando tale piacere supera qualunque cognizione di tempo o
coscienza? All’ombra di Julius
esplica perfettamente questo concetto, mediante l’ennesimo ritratto umano di un
autrice a cui è stata risucchiata innumerevoli volte la felicità.
Le
bugie non si esauriscono mai in se stesse: in qualche modo riescono a smaturare
tutto ciò che le circonda.
Valutazione
d’inchiostro: 5
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