Il mio interesse nei riguardi
dei classici, in generale, di William Shakespeare, iniziò durante il primo semestre
dell’anno scolastico di quinto liceo, quando ero già una studentessa ligia al
dovere e allo studio che per caso si era approcciata a questo genere letterario,
in una veste di pragmatismo e coraggio. Il primo approccio fu con Charlotte
Bronte, e, successivamente, William Shakespeare le cui letture furono a dir
poco decorose. Era dunque un mondo nuovo, inesplorato che avrebbe aumentato a
dismisura il numero di letture da leggere, tutto naturalmente dovuto dalle mie
scelte o preferenze personali.
E fortunatamente di opere
shakesperiane la letteratura vanta un sufficiente numero che, mentre ripongo
queste poche righe, mi inorgogliscono maggiormente. È più facile inerpicarsi in
territori inesplorati ma conosciutissimi, senza intavolare alcuna conversazione
con la mia anima semplice. Per quanto trabocchino di originalità, interesse,
all’età di quasi ventotto anni sono contenta di aver già letto qualcosa di
William Shakespeare, anche se molto poco ancora. Il mio obiettivo era di
espandere la mia esperienza al di là dell’ambito scolastico, e il modo migliore
è quello di cibarsi di ogni opera, testo scritto.
🌺🌺🌺🌺🌺
Titolo: Romeo e Giulietta
Autore: William Shakespeare
Casa editrice: Feltrinelli
Prezzo: 8, 50 €
N° di pagine: 270
Trama: In “Romeo e Giulietta la
morte è presente in vario modo fin dall’inizio. Ma è con il duello tra Mercuzio
e Tebaldo che essa entra realmente in scena e avvia quella sua presa di
possesso della città cui la tragedia conduce. Non solo, ma che la prima vittima
sia Mercuzio. Simbolo di giovinezza e di libertà, della gioia di vivere e della
stessa gioia di far teatro, è anche indicativo di chi sia l’oggetto di questo assalto
della morte: non i vecchi, ma i giovani, non il declinare della vita, ma il suo
sbocciare, non la stanchezza, l’aridità del cuore, ma la sua freschezza, il suo
desiderio d’amore. Tebaldo uccide Mercuzio; Romeo uccide Tebaldo, finchè come sappiamo,
la morte aggredisce anche Romeo e Giulietta, e la “bella Verona” celebrata all’inizio
si trasforma in una tomba. Nulla di vivo resta se non i vecchi, la cui faida e il
cui egoismo, non il caso, hanno ucciso i giovani. Romeo e Giulietta potranno finalmente
stare insieme ms solo nella cripta, con il loro amore raggelato per l’eternità nelle
statue d’oro che i carnefici eleveranno a ricordo.
La recensione:
Quando non sarai più parte di me ritaglierò dal tuo ricordo tante
piccole stelle, allora il cielo sarà così bello che tutto il mondo si
innamorerà della notte.
Ci si ferma, straziati. Qualche
ora dopo una lettura intensa e fervida come questa, col sole calante sul giorno,
alzata dalla mia poltrona preferita e, rinsavita, diretta alla scrivania per
appallottolare, scartare ciò che è superfluo e ciò che invece è a dir poco
rilevante. E fu così che, seduta dinanzi al computer, ho scritto di getto
queste poche righe che sono bastate per esplicare il mio amore nei riguardi
della letteratura. Ora, più che mai, di Shakespeare.
La storia dei Capuleti e dei
Montecchi è risaputa, letta, recitata, interpretata, persino qualcuno ha
provato a emularla, ma niente e nessuno potrà soffocare tutto ciò che spinse
l’autore a scrivere certe tragedie. Se fosse stato detto troppo poco o troppo,
il tono è particolarmente drastico. Certo, due fidanzati che incorrono a
raggiungere ed ottenere un sogno romantico come questo era inaccettabile,
troppo plateare, troppo schematico per essere definito voluto. E proprio per
tale motivo Romeo e Giulietta furono quella coppia maledetta, che coroneranno
il loro sogno d’amore ma con un drastico epilogo. Dover subire le implicazioni,
le dispute di famiglie ossessive, possessive, dispotiche, nell’agitazione di un
periodo storico particolare, fu il seguito di rabbiosi eventi. Scontri,
incontri, intrighi, eventi, sotterfugi, battaglie senza fine che intimidiranno
i lati opposti dei membri di queste famiglie, ma anche dei privilegi di questi
due giovani nel poter fare ciò che più gli pare. Una battaglia che avrebbe
dovuto rispondere a tante cose, ma che, alla fine, risponde a niente. Per
vivere e amarsi al di là della morte. Anche se costretti a sacrificarsi.
Rinunciare all’uno o all’altro. Per ottenere finalmente quel tipo di vendetta
che avrebbe dovuto riconoscergli un certo prestigio. Considerandosi alla loro
altezza, pur di imparare, quando furono illustrati certi argomenti, bisogni di
capitolare, imparare ad appellarsi alla logica, alla fiducia in se stessi, alla
calma necessaria per continuare a
discutere e coronare il loro sogno d’amore. Indipendentemente da ciò che
avrebbero voluto o desiderato le famiglie.
Romeo e Giulietta è quel dramma tragico, comico, sentimentale da cui, inevitabilmente,
se ne esce guasti. Non più quelle entità divisibili, ma masse compatte e indistruttibili
che avrebbero desiderato nient’altro che conforto, consolazione, accettazione. Vagliando
qualunque ragione per cui una determinata azione, un semplice gesto come questo
– il matrimonio – non avrebbe potuto realizzarsi, conferendo alcuna possibilità
di reagire. Poiché l’uomo debole è considerato inferiore, timoroso della vita, di
chi lo sovrasta, spirito dipendente di situazioni di prim’ordine, cade in trappole
o giochi di parole strategiche e insidiose.
Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama
il tuo peccato e sarai innocente.
Valutazione d’inchiostro: 5
Titolo: Re Lear
Autore: William Shakespeare
Casa editrice: Feltrinelli
Prezzo: 8, 50 €
N° di pagine: 319
Trama: “Lungi dall’essere poco teatrale, Re Lear può ben dirsi l’opera più teatrale di Shakespeare, e ciò nel senso che in essa il linguaggio del drammaturgo raggiunge la sua più alta, e specifica, intensità ed espressività. Né poteva essere diversamente.
Autore: William Shakespeare
Casa editrice: Feltrinelli
Prezzo: 8, 50 €
N° di pagine: 319
Trama: “Lungi dall’essere poco teatrale, Re Lear può ben dirsi l’opera più teatrale di Shakespeare, e ciò nel senso che in essa il linguaggio del drammaturgo raggiunge la sua più alta, e specifica, intensità ed espressività. Né poteva essere diversamente.
🌺🌺🌺🌺🌺
La recensione:
“Quando nel dolore si hanno compagni che lo condividono, l’animo
può superare molte sofferenze”.
Oh, lo so che scrivere qualcosa
riguardo un autore come Shakespeare è tempo sprecato! Eppure scrivere, riporre
nero su bianco pensieri o sensazioni che tengono ancorata la tua anima a questo
mondo, è un meccanismo intrinseco che negli anni sta crescendo sempre più. Si è
infilato dentro di me, come una lama di luce, ed è volato sui cieli stellati
della mia coscienza. Professato come un gioco, divenuto ora una vera e propria
necessità che talvolta mi fa impazzire, mi tormenta, mi induce a soffrire della
cosiddetta sindrome del << blocco dello scrittore >>. Sbatacchiata
di qua e di là, sorpresa mi ritrovo a non saper cosa riporre. L’emozioni, le
sensazioni, i pensieri sono tanti. Ma cosa scrivere, descrivere, quando non si
ascolta la voce giusta? Non se ne conosce l’origine, ne la provenienza. Per
nulla pretenziosa, ma solo avida di affetto o attenzione.
Questo è quello che succede
quando mi imbatto in letture in cui le parole, disgraziatamente, servono ben
poco. Perché? Perché crescono ed implodono in qualcosa di supremo,
ottenebrante, pretenzioso, in cui si cammina in una landa deserta come anime
alla deriva. Macchie di piccoli frammenti di cosmo che, in toni concisi o
concitati, freddi o calorosi, attanagliano le nostre viscere come serpi. Sono
letture che, alla fine, o all’inizio, lasciano un segno, una traccia del nostro
passaggio. Precedentemente con Romeo e
Giulietta, ora con Re Lear, che
improntano invulnerabilità, abuso, forza, vigore, grazia o salvezza che, talvolta,
redimono. Nel caso de il Re Lear, di redenzione ce né poco e niente. Nulla che
ha a che fare con qualcosa di semplice, piuttosto con l’orgoglio, la
supremazia, il desiderio di sovrastare gli esseri umani – persino quelli più
vicini – che disobbediscono, se ne infischiano della grazia, della salvezza o
della redenzione che dovrebbero riporre nelle nobili gesta di un re valoroso e
glorioso come Lear. E, invisibile, insito persino nel resto dei personaggi.
Inerenti. Inqualificabili, che esistono solo grazie alle sue gesta.
La << fantasia >>
che è evidente in queste pagine è stata a dir poco stupefacente. Folle,
indescrivibile, irrimediabilmente macchiata di ignobili eventi che, rassegnati all’orribile,
elementari nelle sue imperfezioni, provocano la furia titanica di un uomo che inizialmente
se ne infischiava persino delle sue stesse figlie. Follie prodotte dalla cruenza,
dall’egemonia, dall’avidità. Depravazioni. Atti violenti e incomprensibili. Furore
di un padre che non vorrebbe vedere. Non il dio che tutto può, bensì infinitamente
oscuro, perverso, e solo alla fine comprensivo, che monomaniacalmente prevalse su
tutto e su tutti.
Immersa in un’avventura vividamente
espressive, capricciose, sentimentali, violente, attaccato con esuberanza alla propria
sontuosa esistenza, tutt’altro che solo e tutt’altro che nascosto. Come una grande
macchia, Re Lear rispecchia la realtà, quella moderna e antica. Il secolo buio che
l’Inghilterra visse, in voga a disordini e razzie varie. Dotato della più arrogante
fantasia, descritto come immagine di Dio. Potente, debosciato, corrotto, protagonista
di una tragedia che annienta lo spirito.
Sciagurati quei tempi in cui i matti guidano i ciechi!
Valutazione d’inchiostro: 4 e mezzo
Ho letto solo l'1; ottime recensioni, grazie
RispondiEliminaGrazie a te ☺️☺️
EliminaCiao Gresi, conosco questo autore solo per averlo studiato a scuola, ma in effetti non sarebbe male riprenderlo e approfondire la sua conoscenza! :-)
RispondiEliminaApprofondire Shakespeare è davvero una bellissima esperienza ☺️☺️
Elimina