Non seppi mai bene
come accadde, se fu la stessa Nona, protagonista indiscussa di questo romanzo a
chiamarmi, o se accadde tutto nel momento in cui la mia anima e la sua
coincisero, nel più breve sfrigolio delle pagine e il profumo della carta appena
stampata, l’inchiostro rovesciato, un sibilio seguito da un frastuono
assordante, un frastuono seguito da un sibilo, o un sibilo o un frastuono
insieme, ma comunque successe in tutta fretta, e dopo qualche settimana ero
ancora intrappolata fra le sue pagine. Ebbene si, perché rimasi bloccata
bonariamente per quasi tre settimane, e lì sono rimasta finchè non sono giunta
all’epilogo. Di forte impatto, smanioso, febbricitante, fra il silenzio delle
mie riflessioni con nient’altro che analizzare pensieri che nella mia testa
hanno avuto un particolare senso e sperare che la magia che circondò ogni cosa
svanisse.
La trilogia di Nona
Gray è un ciclo di romanzi davvero straordinari, un viaggio che mi ha condotta
alla serenità verso stati d’animi che scovano una certa parvenza di
tranquillità, solitudine, concetrazione, nonostante l’aura in cui è immerso,
che tuttavia placa le paure, lascia da parte qualunque sofferenza. Perché esso,
assieme a una buona dose di parsimonia, serenità spirituale scova qualcosa che
ha un chè di sacro e inimmaginifico che si ripete continuamente. Una reliquia
sacra che terrà intatto ogni cosa, persino l’irrimediabile lotta alla
sopravvivenza.
Titolo: Nona Grey. La
trilogia
Autore: Mark
Lawrence
Casa editrice:
Oscar Vault
Prezzo: 30 €
N° di pagine: 1581
Trama: Nel convento
della Dolce Misericordia si allevano fanciulle per trasformarle in devote
quanto pericolose assassine. Ci vogliono dieci anni di formazione, ma sono
poche le ragazze dotate di vero talento per la morte, quelle nelle cui vene
scorre il sangue delle antiche tribù di Abeth. Compito delle monache è scoprire
e affinare queste doti innate, insegnando le tecniche della lotta con e senza
armi dello spionaggio, l’uso dei veleni e infine la tessitura delle ombre. Ma neppure
le sorelle più anziane sono in grado di comprendere fino in fondo la potenza
del dono di Nona Grey, una bimba di otto anni che giunge al convento con l’accusa
di aver compiuto un omicidio. Qui crescerà, ma non sarà facile per lei
scegliere quale cammino seguire: indosserà la tonaca nera delle Spose dell’Antenato,
per abbracciare una vita di preghiera e servizio? Vestirà il rosso delle Suore
Marziali, esperte nel combattimento, o il grigio delle Suore di Discrezione,
imbattibili nelle arti della segretezza? O il suo colore sarà il blu delle
Suore Mistiche, capaci di percorrere il Sentiero? Quale che sia il suo destino,
dovrà lottare aspramente per conquistarlo.
La
recensione:
<<
Le parole non sono che passi lungo un
sentiero: l’essenziale è giungere alla meta. Puoi seguire tutta le regole che
vuoi, ma arriverai prima se scegli la via più sicura. >>
Era una cosa seria. Non una lettura da
vivere e poi accantonare, da scordare al mattino – ma l’inizio di qualcosa, il
primo passo di tre che sarebbero seguiti. Non mi importava la durata temporale
che avrei speso fra le sue pagine, non mi importava se qualcuno avrebbe storto
il naso. Per quanto inusuale per i miei canoni fosse aver speso così tanto
tempo fra le pagine di un epica fantasy la cui anima è pregna di sacrificio,
drammaticità, la ragione non potè intervenire perché la curiosità che subentrò
dopo aver valicato le porte del prologo mi invase con prepotenza ed impetuosità.
Quindi in regola e assolutamente intoccabile. Se chi mi legge si fosse sorbito
una recensione lunga tre pagine, voleva dire che i lettori che mi seguono mi
leggono per davvero.
Non era solo la sua anima, come esso fu
caratterizzato, anche se la sua anima è piuttosto tormentata, turbolenta, proiettata
lungo il tetro limbo dell’eternità affinchè raggiungesse anche il minimo
battito del mio cuore. Gli echi di ciò che non c’è mai stato e non potrà mai
esserci, attraversando ogni momento come qualcosa che ci appartiene, avvolto
nel più dei fragorosi silenzi nonostante il preludio di una guerra sanguinosa e
cruenta, era ridotto al semplice guizzo delle spade, al clangore del ferro. La giovane
Nona era affamata di vita, assetata di vendetta, desiderosa di vendetta,
animata da un forte sentimento di tranquillità, quiete spirituale motivata da
una muta alleanza fra tutto ciò che è Buono e Cattivo. Nona, a dispetto delle
novizie che l’hanno allevata, si trincerò dietro al silenzio del rigetto, del
dolore che funsero a specchio dove scorgere un rimasuglio della sua anima, così
solida e inarrestabile. Posseduta da una sorta di forza superiore che induce a
seguire e perseguire svariati concetti di fede, animata da una solida volontà
in cui la fede è quel moto perpetuo che avrebbe sistemato ogni cosa. Comprendere
svariati preconcetti, la loro origine, camuffati da perdite e perdite, sorda ai
dogmi della sua condizione laddove molte avrebbero rinunciato. Eppure senza la
fede non avrebbe avuto alcun scopo di vita, non potremmo valutare chi siamo,
prigionieri del bisogno di avvinghiarsi e intrecciare le braccia in un alleanza
che avrebbe messo in vibrazione fili invisibili, le sorti di scontri che non
hanno un loro inizio né un loro perché, fazioni che decretano ciò che siamo
avendo però diritto al libero arbitrio. Il tutto descritto con una certa furia,
una certa impetuosità in cui combattere è l’unico elemento inalienabile che
possa salvaguardare la nostra identità. Scovando qualcosa di sacro e degno di
sacrificio, affondando le sue radici nel Mito e nella Storia.
Messa dinanzi a una nuova forma di
femminilità che all’inizio è stata strana ed elettrizzante. Una delle tante
cose, ma non la meno importante. Il legame indissolubile con le proprie
origini. Leggende, forme d’espressione che tastano corpi umani, corpi che
cozzano l’uno contro l’altro, che ti scrutano da dentro e fuori, non potendo
considerlarli nemmeno vagamente in base a qualunque dogma religioso, troppo
sentito e leale per essere fasullo, piuttosto semplice, drammatico, avventuroso
che agisce su diverse razze, su diversi fronti, elimando con un tratto di penna
chi non fosse adatto alla sopravvivenza.
Una spigolosa ma avvincente avventura
inglese con tantissimi spunti di riflessione, che ho giudicato diversamente, ha
perforato la mia anima senza mai fingere un sentimento che non c’era, e il
fascino di una ragazza che avrebbe potuto essere chiunque che fece della sua
vita una lotta perpetua alla sopravvivenza. Riscatto personale al passato, il
presente e il futuro che mi ha aiutato a comprendere come l’’individuo, se
motivato da qualcosa di forte e sofisticato, può risorgere dai pozzi più
oscuri. Violati, decimati trascorsi fra una lezione e un’altra, una battaglia e
un’altra, sorretta da elementi in cui la Chiesa, il Clero, dovrebbero spingerci
verso luoghi che ci inducono a trovare la giusta strada, reindirizzarci verso
nuove prospettive, non negando alcun tipo di bellezza e devozione. Strappati dalla
quiete del giorno, accampagnata dalla voce sonante dell’autore.
La trilogia di Nora Grey è un epic fantasu che possiede del potenziale, del
prestigio, vita quotidiana con la possibilità di mettersi in gioco, combattendo
e salvaguardandosi, di stare insieme in un’unica flotta in cui la memoria dei
cari perduti, di un passato quasi inesistente doveva essere ripristinato. Ricordi
famigliari che si sono fusi con le radici del passato, purchè il viaggio o la
missione intrapresa avesse bisogno di più spazio di quel che sembra, che la realtà
circostante e soffocante hanno reso Nora e i suoi compatrioti allergica a
qualunque forma di sottomissione e pressione emotiva, e che se avrebbe preteso
molto più di quel che si era prefissata, più di quel che era disposta a dare,
prima o poi sarebbe accaduto qualcosa.
Un complicato caleidoscopio di situazioni o eventi che
richiamano certe tradizioni della cultura sacra e profana, e che evidenziano
quanto sia importante il passato in tutto ciò. Forse fin troppo agguerrita, a
tal punto di renderla più di un semplice personaggio di carta e inchiostro, ma
esecutrice di un certo potere che le avrebbe concesso quella libertà, quella
pace tanto sperata quanto agognata. L’idea di delineare i limiti della vendetta
e che la protagonista oltrepasserà, un paese che si appresta ad infuriare
presso un destino cruento e sadico, e che perpetua negli anni, ha un chè di
straordinario. Sensazionale e sconvolgente non tanto per il tema in sé, quanto
per Nora. Eroina in gonnella che spicca in mezzo a un marasma di miseria,
povertà e lerciume perché timorosa di essere solo un tramite e non quella
combattente gloriosa e forte. Lei che, ritratta in ogni forma e sfaccettatura,
è la proiezione personale di un frammento di storia perduto e poi ritrovato,
intimamente connessa al mondo materiale grazie all’istruzione, l’apprendimento
il cui spirito forte e potente prevalerà contro ogni avversità e impossibilità
di vivere in pace.
Muterà la trama dell’universo lacerando e aprendo un grosso buco nel tessuto
della realtà – rispondendo a una forma distorta di sopravvivenza in cui
protagonista assoluta è la vendetta. Vendetta perché si rincorre qualcosa di
tradizionale che confluisce in continui scontri bellici, vendetta perché
appartenenti a una geriarchia in cui la forza, la distruzione, la creazione,
l’amore e l’odio si contrappongono e completano verità fondamentali. Nora Grey
è stato quel compagno perfetto, quell’espediente con cui ho trascorso ammaliata
interi pomeriggi, con laude pause durante i pasti e i turni lavorativi. Affondando
in un pozzo di crudele insoddisfazione, e nei parecchi secondi di nebbia che si
distacca dal mondo odierno scoprendomi emozionata, sconcertata più del
previsto. Bello e piuttosto significativo. L’opposto puro dei gusti personali
di una lettrice avida di narrativa americana.
Un fantasy epico per adulti costruito mediante aspetti che esplicano un unico
assetto: vincere contro chi ci ha sempre maltrattato. Evidenzia come, mediante
una sequela di errori, pregiudizi, meschinità, l’individuo è soggetto a scontri
che lo rendono violento e assetato di potere. Dettata da forze superiori che
nemmeno lei riconosce, in mezzo a carcasse di guerrieri morti in battaglia,
innumerevoli dettagli che richiamano la tradizione medievale scritti in maniera
alquanto realistica e attenta che hanno un’importanza simbolica e non
metaforica.
Ho così vissuto una storia che irrimediabilmente si è impressa nella mia
memoria. Una lettura che mi ha donato la sensazione di essere avvolta in un
atmosfera soffocante ma non densa, dove predomina il desiderio di sopraffare il
prossimo, la vendetta, la lealtà, lo sconforto, nel guizzo di una storia che ha
emesso uno splendido canto.
Valutazione
d’inchiostro: 4
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