lunedì, novembre 01, 2021

Gocce d'inchiostro: Intervista col vampiro - Anne Rice

Una TBR lunga e infinita, programmata e stabilita come un documento di Word, con i suoi algoritmi e previsioni, credo che non potrà mai rispecchiare ciò che prova un lettore o un autore nel momento in cui decide di approcciarsi ad un libro. A me piace fare TBR. Mi piace vedere che, il mese appena entrato, sarà all’insegna di letture mastodontiche, sconosciute e che hanno atteso o attenderanno per tutto questo tempo. Ma mi piace anche essere presa di sorpresa dal Fato. Se Dio mi premura a deliziarmi di qualcosa di inaspettato ma bello in cui mi sarei potuta immergere quando avrei ritenuto più adatto, penso sia questa la vera magia che celano certe letture. Di magia, però, questo romanzo non ne esplica. Perlomeno non nel vero e proprio senso letterario del termine, e recentemente tale tesi ho potuto avvalorarla con la lettura di questo bellissimo romanzo. Io che avrei letto e amato un romanzo di Anne Rice?!? Chi l’avrebbe mai detto! Eppure, è in una frazione di tempo apparentemente normale che sono stata avvolta da un manto d’insoddisfazione e silenzio che fischiano ancora nelle mie orecchie, così pregni di paure e ansie represse in cui l’ira è una forma insita sotto superficie. Un segno del Destino ad anticiparmi Halloween? Forse, ma che ha funzionato alla grande. Perché è una lettura che mi ha ammaliato tantissimo. Trasmette quel senso di magia, di mistero in un mondo illuminato in cui figure assetate di sangue si muovono avanti e indietro nel loro mantello nero di fronte ad un pubblico sbigottito, con l’eleganza di una grande pantera, fra sussurri e gridolini. Infervorata dalla luce potente che ha invaso il mio spirito, immobilizzandomi, inquietandomi psicologicamente, influendo come una sorta di guida cui ho abbracciato con un certo entusiasmo.


 

Titolo: Intervista col vampiro
Autore: Anne Rice
Casa Editrice: Longanesi
Prezzo: 18,60 €
N° di pagine: 363
Trama: Una stanza buia. Un registratore acceso. Un giornalista. E un vampiro. Da quasi due secoli, ormai, Louis De Pointe Du Lac non è più un uomo; è una creatura della notte, e ha tutta la notte a disposizione per convincere Daniel, il giornalista, che la storia che gli sta raccontando è vera. Così come è vero il suo volto, tanto pallido ed esangue da sembrare trasparente, di una bellezza soprannaturale e per sempre cristallizzata. Louis racconta di come abbia ricevuto il dono ( o forse la maledizione?) della vita eterna proprio quando non desiderava altro che la morte. È il 1971, è un’altra New Orleans, e Luois, in seguito al suicidio dell’amatissimo fratello, vorrebbe soltanto seguirne il destino. Ma la seduzione del dono oscuro è potente, specialmente se ha i modi, la voce e l’aspetto di Lestat. Sensuale e affascinante, crudele e allo stesso tempo capace di profonda commozione, Lestat ha bisogno di Louis tanto quanto Louis ha bisogno di lui. Quando infine, dopo anni di scorribande notture, Louis sta per decidersi ad abbandonare Lestat, questi gli fa il regalo più grande: Claudia. Una bambina di appena cinque anni, in fin di vita, che solo il dono oscuro può salvare. L’unico peccato che il sacrilego e irrilevante Lestat non si può permettere: creare una vampira di soli cinque anni. Una vampira bambina, che non crescerà mai. E sarà l’inizio della fine.

 La recensione:

Noi siamo immortali. Abbiamo davanti ricchi festini che la coscienza non può apprezzare e che gli uomini mortali non possono conoscere.

 

Decisi di partire nel momento in cui meno me lo sarei aspettata. Sull’esordio di una settimana intensa e già stancante, dal santuario magico della mia camera, sarebbe passata la nave neworlensiana diretta nel cuore di personaggi disumani, dai bellissimi lineamenti, ma troppo angosciati e perfetti quasi si trattasse di un’illusione magistrale. Una bellezza superba, incolore, così levigati e scolpiti nell’avorio il cui stile di vita primitivo ma religioso coincise col dogma religioso che abbracciò l’autrice. Desiderosi di divenire capi religiosi, riportare il paese all’antico fervore, arrestare le forze dell’ateismo e della rivoluzione.
Avrei preso questa nave. Salirci a bordo, di primo impatto, non fu così semplice come credevo, ma dopo aver scandagliato un po’ tutto ciò che avevo attorno, non riuscì a scendere se non quando giunsi alla fine. Alla meta. Nel frattempo tutto ciò che avevo letto e sentito dire nei riguardi di questa storia mi trasmise il brivido eccitante dell’avventura che non provavo da un sacco di tempo. Molti lettori prima di me ebbero il piacere di conoscere il bel vampiro Lestat, incapace di resistere anche io al suo fascino. Nessuno aveva rispettato le norme del regolamento …. Ora ne comprendo i motivi! Un battello autorizzato a trasportare un determinato numero di passeggeri era già tanto che aveva ospitato anche me. E poi, il mio sesto senso mi diceva che vi avrei fatto perdere le mie tracce.
Il mio soggiorno, infatti, non potè essere più entusiasmante. Apparentemente inaccessibile, la storia del vampiro Lestat reclama l’emblema primordiale del vampiro vero e proprio. Il sangue che gronda persino dalle pareti di una gigantesca libreria, il vento che sussurrava un altro tempo, un altro luogo, il silenzio rotto dalle risa beffarde di possidenti fattori che congiurano con poteri terribili, rapporti con l’oscurità che non si possono immaginare. Pareva che fossi stata investita da una grande bufera e che questa nave mi avrebbe portata in un luogo essenzialmente perverso. Maligno, crudele e zeppo di omicidi, quasi un messaggio del mio subconscio che mi indusse a comprenderli esattamente così com’era. La storia di vampiri belli e affascinanti che aspirano ad essere normali come tutti gli altri ma che non possono considerarsi buoni se mossi e motivati da azioni che non li rendono puri ma una disperata confusione, un moto nostalgico di ricerca in una proiezione illusoria, una forma di bontà apparentemente umana.
Nel mentre ripongo queste poche righe ripenso a tutte le storie che ho letto con protagonisti vampiri. Ma che cos’è il vampirismo? Un'entità superiore che si differenzia dall’uomo per il peso insopprimibile che grava sul suo cuore, subire crudeltà, quasi una blasfemia verso la vita stessa. Da ciò deriva una nuova forma di esperienze, del bello e del travolgente, in squarci di potere, vita rammendati dal ricordo e dalla tela inestricabile del passato, così vana e disseminata alla passione del cuore. Un tipo di confusione che genera tristezza, la cui vita non è più così inutile come sembra e i sensi di colpa le sterili passioni del cuore umano non sembrano più inutili.
Quanti, almeno una volta nella vita, credendo di poterlo fare, non si sono rispecchiati nella vita di queste creature leggendarie, non presero una barca e presero il volo? Capita a tutti! Ed è capitato anche a me. Ma ciò che capitò in passato non lo si può definire una vera e propria esperienza letteraria. Piuttosto una bella storia d’amore che quando ero adolescente vissi sulla mia pelle innumerevoli volte. Quella di Anne Rice invece è un universo completo e compiuto in se stesso, scavato e foggiato nella storia in cui il resto del mondo sprofonda nell’oscurità. Essenzialmente descritto in mezzo a gruppi di anime decimate da fragili sussieghi economici, un tenore di vita lussuoso invariabilmente fondato sull’ipoteca del raccolto dell’anno successivo in cui il panico e l’infelicità serpeggia.
Leggere Intervista col vampiro ha scatenato in me qualcosa di straordinario e meraviglioso che ho custodito sul palmo delle mie mani con estrema cura. Era successo così lo sfatare di un mito che io e Anne Rice non ci saremmo mai incontrate. Era solo questione di tempo in cui anche io sarei divenuta la vittima di questi bellissimi vampiri. La mia coscienza se ne accorse tardi, che muovendomi come una sopravvissuta ho respirato e vissuto fra queste pagine andando improvvisamente in brodo di gigiole. Ma questo è una forma di lettura, di conoscenza che mi piace abbracciare ogniqualvolta mi imbatto nella lettura di un capolavoro con la C maiuscola. Quello della Rice lo è, e la mia sete di conoscenza e curiosità non credo si arresterà tanto facilmente. Questi bellissimi vampiri avevano appena cominciato a parlare. Stando da qualche ricerca su internet, mi attendevano ancora altri sei volumi. La mia mente fa già voli pindarici di quel che credevo, cercando di accaparrarmi il secondo volume. Il mio equilibrio personale era stato sconvolto da una buona dose di malvagità, la morte è una forma completamente estetica che si comprende per stati successivi. Ma moralista perché la decisione di uccidere qualcuno è qualcosa di interamente morale. Un conflitto che l’autrice proietta ciò che ci riguarda e ci sta attorno … e avanti a stragionare. Il bello è che non c’è un perché vero e proprio. Il nulla che deriva dal nulla, finchè non c’è che il nulla. Con la coscienza che non c’è alcuna coscienza. Quella del vampirismo è una forma di natura che ha origini sconosciute. Per comprenderla però è necessario conoscere Satana, toccare il male, guardarlo in viso sapere che nonostante tutto queste creature appartengono completamente e acquietano per sempre il tormento dell’ignoranza. Squarciare quel velo invisibile che ci avrebbe separati dalla natura umana. Ma ci sarebbe stata quiete a questa forma distorta di dannazione? Ma conoscere, credere in qualche forma possibile di salvezza, può forse spingerci ad essere umani? Forse esso stesso avrebbe allontanato dalla vita morale.
L’insoddisfazione, la ricerca perpetua della felicità procurano un malessere mortale che stona con l’aura di finta incorruzione che serpeggia fra queste pagine. Dio non esiste, il Male non conosce gradi poiché ciò che lo sorregge è la soppressione della vita umana. Questo primo volume di una saga che mi ha appassionato sin dall’immediato è un monito alla malvagità non necessariamente implicata nella morte o nell’uccisione che, contornato da esseri umani che sono scintillanti, preziosi che sarebbero presto invecchiati, morti, confidenti di scovare presto quella forma di immortalità da sempre agognata quanto sperata. Misurando i limiti del Bene e del Male, scrutando ogni parte del nostro spirito, scovando qualunque forma malvagia o maligna che contraddistingue qualunque forma d’innocenza. Frutto di una mente brillante, straordinaria, erudita generati dalla confusione, dal desiderio, dal dolore solo quando toccata, fertilizzata da altri. Quasi un sollievo dalla solitudine, da una vita interamente da eremita, abbracciata però volutamente, in una proiezione oscura e vuota da cui non c’è alcuna consolazione. Moralista, fatalista richiuso in una realtà da cui presto avrebbero dovuto prendere atto, che interiorizza le nostre paure, il nostro stare nel mondo, così inospitale non sempre accessibile che ha funto da reinvenzione o scoperta di ogni cosa. Persino quella più assurda.

Valutazione d’inchiostro: 5

6 commenti:

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