domenica, luglio 18, 2021

Gocce d'inchiostro: Il golem - Gustav Meyrink

Di questo romanzo non sapevo nemmeno la sua esistenza, che poi forse è il vero << potere >> per cui questa lettura mi ha affascinato nell’immediato. A un certo punto mi dissi fra me e me che questo era l’ennesimo segno del destino, l’uomo che mi aveva condotta all’insana ricerca di un’identità tutta nostra, aveva lo stesso fabbisogno di un comune essere umano. Il golem possiede quelle carte in regola per indurti a sprofondare in un vano crepuscolo di sogni, da cui la stessa luna ci rimembra la sua luminescenza acquosa, sprofondare nel regno dell’incoscienza. Quasi calamitata da una voce che affiora da qualcosa che non resco ancora a dare fondamento, conferendoci nient’altro che l’idea di essere intrappolati in un mondo in cui bisogna abbandonare ogni resistenza, sottomersi pur di soffocare qualunque impulso domandoci chi siamo effettivamente. Imbevuto di formule esoteriche, di dottrine risalenti allo Yabbaldh, quella cioè che interpreta la natura dell’universo e dell’essere umano, l’uomo è un essere senziente in relazione con la natura e pur di sopravvivere è necessario raggiunga svariati scopi.


Titolo: Il golem
Autore: Gustav Meyrinch
Casa editrice: Bompiani
Prezzo: 12 €
N° di pagine: 320
Trama: Un uomo scambia il suo cappello, nel Duomo di Praga, con quello di un certo Athanasius Pernath, e rivive come in un sogno l’esistenza di costui. A questo inizio casuale si aggancia la vicenda del Golem, il robot avanti lettera cui una parola infilata tra i denti conferisce una vita provvisoria, tanto più violenta perché in lui si concentra una forza che ha solo poche ore per scatenarsi.


La recensione:

 

“Il mondo esiste solo perché noi possiamo cancellarlo come se fosse un credito ineseguibile. Allora, e solo allora comincia la vita.

 

Ho temporeggiato prima di mettere assieme del materiale per riporre un ritratto di un uomo affetto da una strana forma di ossessione e follia, la cui storia parla al cuore di chi legge ponendoci domande che giungono dritto all’anima, fluiscono da una bocca invisibile prendendo vita, giungendo verso di me in una processione interminabile di forme e volti, così grigi e banali, privi d’espressione. Sogni che nascondono profonde verità, una verità che luccica debolmente e in profondità come il fluire riflesso dell’arcobaleno di una favola. Mi sono trovata a sbarcare fra le viscere di una storia che proveniva da molto lontano, lavorando su di me con la forza di un magnete, guidata dalla voce altisonante e suadente dell’autore che mi indirizzò in un fosco teatro di elementi impregnati di immagini straordinarie e parallelismi. Quasi un’ossessione all’ignoto, allo sconosciuto, al misterioso, alla vita umana che si svolge sul nostro mondo, ridotto in polvere e cenere, così brutto e logoro, dall’esistenza vacua e vuota il cui retaggio di culture magiche ed esoteriche è zeppo di sordide figure. La stessa Praga è una fenditura capace di differenziare il mondo reale e quello esoterico in cui l’uomo stesso si riduce ad un’entità senza anima in cui le scintille della vita, le sue idee si spingono e si spengono ignorando così la loro natura.
Questo golem ritratto dall’autore arrivò con nient’altro che un mucchio di squame e deformità, che prese vita nel momento in cui meno me lo sarei aspettata, e che mi condusse a seguirlo in un’avventura incubitrice, angosciante, ammaliante di cui non potremo più liberarci da qualunque forma maligna poiché coinvolti completamente nel dramma di un povero disgraziato, Athanasius Pernathfinendo vittima delle gesta di questa creatura. Il fatto che sembrava repentinamente da un sogno intenso senza sogni, circondarsi di figure che non avrebbe più rivisto, ha sortito un certo fascino in me. Fu accusato di omicidio, violenza, come un controrivoluzionario, e mandato a scontare una pena apparentemente crudele e ingiusta.
La fame più nascosta della nostra anima, quella intima, nonché simbolo perenne rivestito di polvere e sangue, è uno dei principali motivi che induce l’uomo a specchiarsi nello stagno della vita accettando il peso delle sofferenze gravare sulle sue spalle fragili, non rinnegando niente e nessuno. Solo nel momento in cui prenderemo consapevolezza degli eventi, che personalmente capì cosa sarebbe accaduto: questo fantomatico Golem, che francamente non mi ha conferito quell’idea di maligno o malvagio alla pari di It di Stephen King. Si pensa di toccare l’apice della follia, di essere mossi come funamboli, marionette senza vita, ma non riusciamo a distinguere ciò che è vero e ciò che non lo è nonostante la verità, la realtà circostante è a un palmo del nostro viso. Eppure è da ciò che deriva il germe delle più atroci sofferenze. Pur di estirparlo, bisognerebbe percorrere quella strada che ci conduca lontano dal precipizio. L’autore prese a cuore questa questione del << germe biliare >> sparso nel mondo, ponendosi delle domande se il più forte sarebbe sopravvissuto o meno, distanziandosi lentamente da qualunque effetto. Ma per andare dove? Pur quanto ci si allontani o si volga le spalle a un Fato egoista e crudele, ognuno di noi combatte una guerra di cui non sempre se ne esce indenni. Si sospetta di poter conformarsi ad una realtà migliore di questa, ma pur quanto si abbandonino le propri radici è impossibile cancellare il proprio passato. In continue migrazioni, deterioramenti dell’anima che hanno portato l’uomo lungo il tragitto della follia.
Non sembra vi sia alcuna via d’uscita. Un uomo comune che forgia pietre e metalli, occhieggiato da un vuoto incolmabile, un dolore che si propagherà nelle sue viscere come un male incurabile. Ma tutto è stato così repentino, troppo inaspettato, parecchio spaventoso per prenderne consapevolezza. E trovare rimedi in situazioni in cui rimedi sembrano non essercene si trascinerà sulla scia di forme incomprensibili e folli che frantumano l’anima in minuscoli pezzettini.
Quella de Il golem è il lungo e indefinibile pellegrinaggio nella psiche, ma anche nell’assetto etico e sociale in relazioni fra gli esseri umani che puzza di crudeltà, sangue appena riverso sulle strade, ricordi che lacerano la mente e che non riescono a portare via le impurità, con sangue continuamente riverso che è assetto passionale di un folle che ripudia moralità, dedizione di certi dogmi spirituali e individuali. Perseguitò il povero Athanasius Pernath trasformandolo in una creatura spaventosa, inavvicinabile che vagando lungo la riva dell’assurdo, in un luogo al di là di ogni speranza di salvezza, a poco a poco ostinato a sbarazzarsi di qualunque cosa rotta, di qualunque forma malvagia, da qualunque riscatto o sporcizia, lo hanno scoperto nel modo più crudele potesse mai vedersi, che quello che all’inizio sembrava trattarsi di un brutto sogno divenuto un incubo. Il silenzio, l’incoscienza, la mancanza di comprensione, l’inconsistenza sono alcune di quelle forme che attanagliano i sensi, attutiscono i suoni, abissi insondabili che non hanno una loro specifica collocazione ma da quali si intravedono sprazzi stretti e melmosi dell’anima.
Il golem  si pone come quello spettacolo cruento, violento e distruttivo attraverso il quale si pone una certa differenza fra essere umano libero da azioni impure e l’essere umano macchiato da gesti o azioni irrimediabili proiettato su un paesaggio spoglio, maledetto, scevro dalla paura e dal terrore, all’ombra delle gerarchie sociali e delle umiliazioni razziali. Una tranquillità distorta dell’animo che permise al mio essere di comprendere l’anima effettiva di questa opera, il suo voluto isolamento, il suo ostinato e perpetuo avvicendarsi in situazioni che tornano allo stato selvaggio, primitivo, straziano specialmente nel momento in cui si accarezza l’idea che bisogna comprendere la vita al di là delle sue apparenze intessuta con i fili di una seta nata dalla propria carne in cui la bestia che riposa silenziosamente altro non è che lui stesso. Descritto mediante gli occhi di svariate figure, penitente, smarrito, forma finita in uno spazio infinito in cui il cielo è stato capovolto e lo spazio azzurro del cielo è nero.
In una disomogenea forma di conoscenza, ammaliamento e potere, uscire da un mondo apocalittico, recriminoso come questo, è stato davvero difficilissimo. Una volta entrata, è stato davvero arduo tornare alla vita di tutti i giorni. Sebbene quella di Il golem  è una tematica piuttosto peccaminosa, moderna, incurabile, in una struttura a specchio è la testimonianza diretta delle problematiche che attanagliano l’individuo in relazione con altri individui. Il tutto in un capolavoro assolutamente indimenticabile, nonché frammento etico e biblico in cui ognuno di noi può rispecchiarsi, in cui l’individuo è quella massa informe, compatta, solidificato in un unico recipiente. A suo << agio >> nel farsi sopraffare dagli istinti, con l’idea di possedere tutto e tutti facendolo sentire più grande di quel che è. Poiché l’uomo è dominato e dominatore. Può fare quel che vuole, ma tenere poi conto delle conseguenze. Qualunque esse siano. Combattendo affinchè esse svaniscano, sebbene gli svariati tentativi di trincerarsi dietro solide barriere che avrebbero abbattuto la forza devastante del peccato.

Valutazione d’inchiostro: 4

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