giovedì, gennaio 26, 2023

Slanci del cuore: i migliori romanzi di narrativa del 2022

Sul finire dell’anno possono accadere tante cose. Sul finire del mese di dicembre mi trovai a vagare in un bel posto, in un posto in cui venni chiamata a gran voce e seppi che questa venuta fu piuttosto tardiva perché la prima volta avvenne ben cinque anni fa. Era da tantissimo tempo che desideravo ascoltare questa chiamata. Perché non farlo prima, voi direte? Semplice, perché aspettavo che fosse essa stessa a destarmi perché quando accadono fatti simili penso non bisogna forzare la mano del Destino. Ogni cosa accade in un dato momento per un dato motivo. E dunque quando successe, non ci pensai due volte a sedermi sulla mia poltrona preferita, sorseggiare una bella tazza fumante di caffe, coprire le mie membra con un plaid e aprire certi romanzi. È servito una certa dose d’attenzione, ma ognuno di essi ha avuto ciò che necessitavano di avere: ascolto. Si perché sebbene trattasi di una serie di romanzi appartenenti alla mia comfort zone, molto simile a tante altre, fu davvero impossibile non entrar a far parte di questa grande congrega. Del resto i messaggi erano sempre gli stessi, ma gli effetti davvero straordinari: una visione lucida e attenta sul mondo circostante cosa avrebbe comportato? Romanzi che non espugnano niente di così memorabile ma le confessioni, i pensieri che surclassano l’anima di chiunque, qui proiettati mediante effetti o atti ipocrici che sono forme appiccicose di parole tradite dai sentimenti del cuore, rivelano qualcosa di brutale ma sincero, anticonformista e ribelle, che scritti così crudelmente perfetti, lucidissimi, racchiudono la vita, quella che vi fecero parte anche gli stessi autori.

Un viaggio che la porterà alla scoperta della sua identità. Cade prigioniera del suo passato e, estrapolando ricordi erosi dal vento, istantanee dai contorni inafferrabili, ci racconta la sua storia. A bordo di un'altalena che prima la trascina sulle vette dell'esaltazione e poi la fa affondare negli abissi della disperazione.
Intimidita dalla notevole mole ma certa che questa storia avrebbe fatto al caso mio, ho letto La casa delle sorelle con voracità e una piacevole dolcezza. La sua autrice, in questi primi pomeriggi d'inverno, mi ha portato lontano. 




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Una lettura che fa trattenere il fiato, appassionante e un po' tesa e romantica che ha vasti richiami alla letteratura vittoriana. Un dramma inglese che arriva in sordina, e ci rende protagonisti di una vicenda sconvolgente come quella di Grace e Hannah. In un mare di ricordi che fluttuano nel tempo sempre più remoto.






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Non il ritratto di una semplice storia d'amore macchiata di atrocità e crudeltà bensì l'impossibilità di vedere o sentire la realtà circostante al di là di ogni cosa, al di là di ogni forma o conseguenza. L'uomo è una creatura che compie continuamente errori, e, penso, stia qui la sua bellezza. La Howard sapeva che avrebbe scritto una storia dal mancato lieto fine, ma, del resto, la vita non è qualcosa che riesci a tollerare ma con le sue incongruenze? 

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Un arazzo, una rappresentazione perfetta per esorcizzare le paure, affacciandosi alla finestra di un mondo che non mi appartiene ma cui non ho potuto fare a meno d'identificarmi. Ritratto straordinario che ci induce a guardarci nel più intimo del nostro essere. Indirizzato non solo a me, a un'unica destinataria, ma anche al fantasma dello stesso Auster, denudandosi davanti ai fantasmi del passato che attendono avidamente. Una storia che non esiste naturalmente per essere una semplice storia a se stessa, ma una specie di mezzo verso il cuore di una creatura umana.




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Un mondo conchiuso disegnato con la chiarezza di parole semplici, ma perfette. Snaturato dagli scarabocchi di altre menti, altri bisogni, in cui persino il tempo - così facile da stabilire e segmentare ad intervalli regolari - nel romanzo gocciola a poco a poco in modo incontrollabile. Una fonte di segretezza che rievoca il piacere della reminescenza e della scrittura; quest'ultima, intesa nel romanzo come una pratica per rievocare tutto ciò che si credeva saldamente nascosto. 





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Una storia semplice ma appassionante, sospesa e racchiusa in una luminosità diffusa, pallida, quasi priva di ombre, in cui non ho potuto fare a meno di viverci. Una brama intensa per i libri, la buona letteratura, così come l'atto del leggere e dello scrivere in un filo intrecciato che ha dato vita a un graziosissimo disegno. Un motivo memorabile ricco di parole, ricordi, emozioni che manipola frasi, modifica paragrafi o interi capitoli affinché non si sgualciscono completamente. Spiegazzandole e cincischiandole. Una dichiarazione d'amore ai libri, all'essere Lettore la cui storia riesce a districarsi perfettamente fra esperienze dell'autore comuni e non, tra presente e passato. 

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Una storia che ha un ché di intimistico e solenne, che ci parla di menzogne, follia. E che ci permette di seguire attentamente le vicende di questa giovane donna tramutandola in un’anima errante. Ripercorrendo il tempo del ricordo ed evocando scene di vita legati all’amore vero: innumerevoli scogli che sono stati superati; gli incidenti causati pur di vedersi anche solo per un istante. La consapevolezza che l'amato appartenga a te e nessun altro.





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Districata perfettamente fra esperienze e generazioni che non mi appartengono più in cui la voce della protagonista spicca in un coro di voci, nel frastuono del silenzio e dell'immobilità. Raccontataci come la vita semplice e inappagante di una donna comune possa divenire una confessione sussurrataci con una certa forza e insoddisfazione morale, che ha sprigionato una melodia che è arrivata dritto dritto al mio cuore rimpicciolendolo, frantumandolo in minuscoli pezzettini da cui si possono ancora scorgere frammenti di un mondo prismatico.




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Opera che si interroga sulla moralità umana in cui l'autore, scrutando ampiamente l'anima di questo suo figlio di carta, prova un'improvvisa, entusiastica forma di empatia, conforto o comprensione che la società del secolo di certo non avrebbe compreso. Ci si lamenta perché non vi si scova alcuna forma di ribellione dinanzi all’emozioni, alla vita così come appare. 

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Un modo per poter sopravvivere e poi trionfare. E, scuotendole, un bagaglio di emozioni altalenanti aveva distorto la mia anima, rievocando con nitidezza quegli strani e forse per molti irrilevanti "dettagli" che a me hanno dato molto più di quel che credevo.






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Un toccante viaggio nella Londra dei primi anni 20 è quella narrata in queste pagine. La sua autrice non nasconde un forte attaccamento nei riguardi dei suoi figli di penna, sorvolando nei tetti di borghi umidi e maleodoranti, a bordo di una vettura diretta in un Paradiso mancato. Una zona dimenticata persino da Dio, illesa da simili torture. Quel genere di storia che ho ascoltato con un certo fascino, ammaliamento, perturbamento, constatando quanto ci sia di magnifico e allo stesso tempo terribile fra le sue pagine.




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Viaggio del cuore umano logorante ma lucidissimo la cui melodia mi ha permesso di assistere all’avanzata di ombre che corrono verso la supremazia, la superiorità oscurando ogni cosa. Un’enorme quantità d’informazioni su ciò che fu più caro per l’autore che lentamente si sono fissate nel mio cuore, assetata di sapere e amore consapevole di quanto ancora non basti ciò che ho conosciuto.

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L’autrice si pone delle domande su cosa differenzia la letteratura inglese dalle altre letterature e quale ruolo essa svolse per le massime esponenti di tale genere, rivelando come tutto ciò sia inabbracciabile. Il potere, l'amore, la vita quotidiana sono tutti elementi che si sono imposti nel corso dei secoli e che le autrici utilizzarono affinché guardassero dentro di noi: a vedere come ci si cerca di farsi strada in mezzo ad anime dannate che vagano lungo la riva dell'assurdo, le implicazioni che ciò comportano o una visione più dettagliata della società circostante. Apostrofi, meccanismi mediante i quali si muove ogni cosa, spingono di nascosto tutti gli astanti verso l'inverosimile, l'inaspettato. 



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Pervaso da una strana magia che mi ha permesso di accettare la storia che Melchiorre si porta dentro, ha reso il tutto come una serie di opportunità in cui la libertà individuale e di pensiero sono i capostipiti dell'intero romanzo. Fra forme e colori che hanno avuto una loro collazione, nitido e luminoso come la luce accecante del sole.






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Convenzionale, nostalgico e, a modo suo, magico, La spiaggia di quarzo ha lo stesso sapore delle storie d'epoca che qualche volta leggo. Semplice, triste e un po' amaro, carico di una certa drammaticità che sedimenta dentro l'anima di chi legge, è una storia appassionante che ha incontrato i miei gusti di lettrice. Un inno agli affetti, all'amore, alla vita, alla speranza. Un romanzo per nulla banale col quale l'autrice, Anna Maria Falchi, tesse una storia che profuma di antico e di salsedine.

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Un’analisi prettamente realistica su un tema molto caro ai poeti romantici: l'anima. Descritta come una grande attrice, che la morte sperimenta in continuazione. Libera di interpretare qualunque situazione, cavalcare qualunque onda gigantesca.






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Dissacrante, introspettivo, violento come un disastro atmosferico, Belladonna recide tante vite, qualunque legame. Ma, per quanto mi riguarda, ha presentato quel ponte di comunicazione, quell’atto di condivisione più grande di quel che avevo sperato, ritrovandomi nella stessa situazione di Andreas da cui cerca di fuggire da quando è nato. Dubito però, che se gli fosse presentata l’opportunità, avrebbe accettato volentieri e baciato qualunque Divinità che gli concedesse tale opportunità. 





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Mediante uno stile semplice ma intimistico, descrive quell’Inferno, quel tugurio, a cui è stato impossibile sfuggire, ritraendo una storia che su quell’orizzonte avrebbe visto la luce. Allineato in disgrazie e disgrazie, messo assieme a quello che è il vero obiettivo dell’autore: evidenziare la << disgrazia >> del secolo, dell’umanità, l’appello all’indignazione in cui la convinzione dell’esistenza spirituale ma attiva unisca.

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Romanzo che potrebbe rientrare nel sentimentalismo, nella vacuità di certe emozioni in cui la protagonista è un’anima alla deriva che si trascina quasi sempre nel fango, nella crudeltà, nell’indifferenza, come uno squarcio di luce che ne risalta le tenebre. Dipingendo la storia di una donna che, in un modo o nell’altro, desidera solo essere compresa, che non si discosta dall’idea di tristezza o rammarico che suscitano le sue pagine, in quanto ogni forma di gioia o contentezza è un soffio di vento che a malapena si riesce ad avvertire.





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Questo viaggio – così come qualche anno fa accadde con Lolita -, si rivelò bellissimo, profondo, indimenticabile, nonostante abbia sedimentato nei meandri della mia coscienza con una patina appiccicosa di rammarico e sofferenza. La ricerca del Sé, della propria identità esigono qualcosa di meno semplice e prosaico delle tante parole adoperate, sebbene ci sia spesso ritrovati in bilico fra sogno e realtà, motivo per me di grande fascino, ammaliamento, semplicemente perché mettono in rassegna qualcosa ma anche perché donano vita a qualcosa che sta lentamente per appassirsi. 


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Una storia stanziata in mezzo al nulla avvolta in una cortina di solitudine e insoddisfazione, in cui persino l'amore che Makiko incorre è vero, riesce ad avvolgerci nel suo abbraccio caldo. Elegante artificio sconosciuto del disordine grazioso e indistinto della natura di una donna comune, una lettura particolare che non consiglio spassionatamente a chi non è avvezzo a questa tipologia di romanzi quelli che nel loro piccolo fungono da espedienti per osservare il lato positivo delle cose, risucchiati dal grigiore e da nefandezze, osservando il mondo sotto svariate sfumature. 

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Un Inferno dalle fattezze del Paradiso in cui mi sono sentita accolta. Un bellissimo viaggio che ha il potere di farci dimenticare le innumerevoli azioni che hanno macchiato chiunque, in quanto aspirazione ad una felicità astratta che solo il perdono o la comprensione potranno redimerci. 







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In bilico fra estasi e sogno, il mondo circostante zeppo di meschinità, ipocrisia, cattiveria, il senso della vita resta intrappolato nella sua orbita, ritratto umano terribilmente malinconico come un poema hardyano, non sempre coinvolgente e lineare, ma che incorre l’ideale di un sogno per certi versi irrealizzabile ma a cui bisogna saper distinguere fra ciò che è vero e ciò che non lo è.






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Lottare per mettere ordine nel tumulto delle emozioni non è cosa semplice. Non esiste possibilità di riparare ciò che si è frantumato. Non esiste possibilità di recidere un legame che si è solidificato in pochissimo tempo. Esistono però diverse opportunità per sfruttare il mio amore per la lettura arricchendo il mio bagaglio culturale con le opere complete di John Fante. È quello che più desidero. Leggere trattati realistici che descrivono la vita con poesia, intimità, introspezione, ferite dell’animo ancora aperte in cui inevitabilmente ci si sente partecipi.

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E' una storia in cui pervade una generale malinconia, ma nel mio inconscio aspettavo che la luce di un mero sprazzo di luce rischiarasse le tenebre dell' animo di questo fantasma. Non fu quel genere di eroe che mi ero aspettata, ma un giovane sognatore pieno di ambizioni che mi narrò la sua storia quasi come una lunga e profonda meditazione sul senso della vita. 






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Possessore di un’anima, di una sua voce, che ha gracchiato per qualche tempo prima che la ascoltassi completamente, trionfo di mente e cuore. Spiritualità ed emozioni, quasi atto d’eroismo che per alcuni si è rivelata come un’impresa titanica. Per me, una bellissima metafora concepita non da un grembo materno, quanto da un connubio di frasi che si sono avvicendate, lungo la corrente di un fiume,

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