Titolo: Il museo delle promesse infrante
Autore: Elizabeth Buchan
Casa editrice: Nord
Prezzo: 18, 60 €
N° di pagine: 396
Trama: Esiste un museo, a Parigi, dove le persone non fanno la fila per ammirare i capolavori dell’arte. Dove non sono
custoditi né quadri né statue. Un museo creato per conservare emozioni. Ogni
oggetto in mostra, infatti, è il simbolo di un amore perduto, di una fiducia
svanita. Un cimelio donato da chi
vorrebbe liberarsi dei rimorsi e andare avanti. Come la stessa curatrice,
Laure, che ha creato il Museo delle Promesse infrante per conservare il suo ricordo
più doloroso; quello della notte in cui ha dovuto dire addio al suo vero amore.
Quando Laure lascia la Francia e arriva a Praga, nell’estate del 1986, ha l’impressione
di essere stata catapultata in un mondo in cui i colori sono meno vivaci, le
voci meno squillanti, le risate meno sincere. Laure lo capisce a poco a poco
dagli sguardi spaventati della gente, dalle frasi lasciate in sospeso: questo è
un Paese che ha dimenticato cosa sia la libertà. Eppure ci sono persone che
ancora non si rassegnano. Come Thomas. Laure lo incontra per caso, a uno
spettacolo di burattini. Ed è un colpo di fulmine. Per lui, Laure è pronta a
mentire, lottare, tradire. Ma ancora non sa di cosa è capace il regime, né fin
dove dovrà spingersi per avere salva la vita. Laure si è pentita amaramente
della scelta che ha dovuto compiere tanti anni prima ed è convinta che non avrà
mai l’occasione per aggiustare le cose. Eppure ben presto scoprirà che il Museo
delle Promesse infrante non è luogo cristallizzato nel passato. E’ un luogo che
guarda al futuro, in cui le storie circolano e spiccano il volo verso mete
inaspettate. A volte raggiungono luoghi lontanissimi, ricucendo i fili
strappati del destino. E a volte possono perfino giungere alle orecchie di un uomo
cui non importa nulla degli sbagli e dei rimpianti, ma che aspetta solo un
indizio per ritrovare il suo amore perduto…
La recensione:
Credevo
di avere tra le mani qualcosa di grosso. Se fosse stato così, credo che la
<< necessità >> di imbarcarmi fra le pagine di questa storia fu
sinceramente impressionante. Non durò che una manciata di ore, ma in quell’arco
di tempo il mio animo coraggioso e determinato sminuirono le mie speranze di
essermi imbattuta nella storia perfetta al momento perfetto.
Era
vero: anzi, forse si discostò largamente dalle mie aspettative. Nel santuario
magico in cui sono custoditi tesori di inestimabile bellezza, talvolta spiccano
e mi imbatto nella lettura di opere che non danno nulla di certo o
commestibile. Il mio sesto senso sufficientemente mi tiene lontana da certe
delusioni, che conservano il mio animo intatto ma rafforzano certe disposizioni
che in passato avevo preso alla leggera, e che spesso mi servono per curare
ampiamente il mio spirito. La mia esperienza di lettura con Elizabeth Buchan mi
permise di vivere sulla pelle qualcosa che effettivamente non mi ha
entusiasmata, non ha infervorato il mio spirito più del necessario ma sotto
certi punti di vista ha rappresentato bene la vita e i suoi drammi. I romanzi
introspettivi che abbracciano tematiche che mescolano il vecchio e il nuovo,
legano passato e presente in un'unica solida forma fu messo al bando mediante l’allestimento
di un museo che funge da piccolo teatro del centro di Praga; questo luogo
sarebbe stato il movente da cui sarebbe partito ogni cosa. Il risultato è una
riflessione intimitistica, pessimistica e drammatica della vita, che nel
momento in cui certi eventi sconvolgono o rettificano le nostre prospettive, ci
si aggrappa a certi tipi di effetti di redenzione che tuttavia non aiutano.
Ammetto
che sono rimasta presa nell’ingranaggio. Un ricordo tirava l’altro, e prima che
me ne rendessi conto ero impelagata nelle falde intellettuali della sua
protagonista. Laurie, impegnata a vivere in una sorta di delirio, che tira e
preme pulsanti a caso, affannandosi pur di trovare quell’equilibrio spirituale
che sistemasse una composizione complicata, progettando migliorie, socchiudendo
crepe gigantesche derivati da certi trambusti del passato. Laurie era l’ennessima
eroina che andava alla ricerca di se stessa.
Forse,
in questo caso, credo sia stato inevitabile; forse, come la stessa Laurie, è il
romanzo a non avere una vera e propria anima. Muto, freddo e distante non ha
coinciso con il mio essere romantico e tendenzialmente passionale. Eppure, all’improvviso,
la sua storia aveva fatto breccia nel mio cuore, e qualcosa aveva finalmente
giustificato la mia presenza, il mio starci lì, fra le sue pagine, sebbene non
propriamente comoda, ma che mi ha fatta sentire importante, soddisfatta nell’aver
acconsentito ad assecondare l’ennesima richiesta del cuore umano. Queste non
sono scuse, ma semplici descrizioni di quello che è la mia personalissima
esperienza letteraria. Ripensandoci, potrebbe essere che mi stia complicando la
vita, ma quando vidi i suoi colori sgargianti, non potei farne a meno. Anzi, la
mia sete di conoscenza aumentò a dismisura.
Alla
base di tutto c’è il ricordo. Riesumare cose che si credevono perdute e che
questo museo a cui fa riferimento il titolo funge da << casa >> o
<< santuario >> in cui dall’osservazione di un banalissimo oggetto,
è possibile scrutare un frammento di anima. L’anima di chi aveva tenuto
custodito quel qualcosa, e che in questo modo il suo ricordo sarà preservato
nel tempo. Con il proseguire delle pagine, tale misticità perde la sua
importanza nel momento in cui la sua autrice ci spiattella la storiella dell’amore
perduto. Ci porta a conoscere Thomas, e a provare moti di compassione per una
giovane donna che apparentemente mi era sembrata una guerriera. Dal canto mio non
avvertì più quel brivido percuotermi la schiena, nel momento in cui mi resi
conto che Il museo delle promesse
infrante non sortì l’effetto desiderato. Mentre ripongo queste poche righe
continuo a pensarci, ma le sensazioni che avvertii durante il suo processo di
lettura non furono propriamente gradevoli. Una sensazione di conforto,
benessere, personaggi che aspirano alla redenzione avrebbero dovuto diffondersi
nel corpo del romanzo come una malattia in cui l’atto del ricordare sarebbe
dovuta essere una buona occasione per essere temerari. Sognare, anche se molti
non ricordano più come si fa.
Pur
quanto mi sia sforzata, inebriarsi del calore di un abbraccio mancato o di
espressioni di affetto che avrebbero potuto scaldare il cuore è stata un’esperienza
scostante, scottante nel constatare come nell’esordio della Buchan non vi è
nulla di tutto questo. I ricordi a cui tiene così tanto, non sapevo nemmeno da
dove provenissiero. Forse dipende dalla storia stessa… Credo di si! Nei
Ringraziamenti l’autrice ringrazia alcuni suoi amici e famigliari e dichiara
come l’ispirazione del romanzo sopraggiunse dall’osservazione di un antico
telefono, che squillava ininterrottamente, rinchiuso in una cella di vetro. Puro
e semplice espediente da cui ha ricavato una storia che procura una certa
malinconia, invade il tutto di un certo grigiore, non accarezzando ne misurando
tanti piccoli segreti che alla fine non possiedono nulla di importante o
sconvolgente. Segreti in cui sono racchiusi frammenti di vita di Laurie ma che
mi hanno resa ancor più distante del previsto. Dalla mia prospettiva, così
evocativi ma distanti, in cui tuttavia si riesce a scorgere il coinvolgimento
emotivo con cui sono state realizzate. E, come un dramma newyorkese, in una
rapida discesa conduce alla vita di una donna apparentemente forte ma fragile
la cui anima lentamente si sta appassendo nella quiete delle memorie.
Stare
fermi a lungo fra oggetti antichi e ricordi, a poco a poco genera un certo tipo
di frustazione. Chi non ha mai avvertito il sapore agre di una ferita?
Squarci
di vita, ricordi dolorosi di un passato o presente la cui presenza è tuttavia
ancora incostante, Il museo delle
promesse infrante è un romanzo che si spaccia per romantico, sotto certi
punti di vista, seducente sotto altri, ma
che, per quanto mi riguarda, non occupa nessuna di queste due categorie.
Scomodo e non propriamente delizioso, freddo come una grigia serata di inizio
gennaio, esperienza letteraria che ho desiderato vivere ma che non ripeterei in
quanto mancato idillio romanzato che non ho potuto vivere.
Valutazione d’inchiostro: 3
Ottima recensione, libro interessante, grazie
RispondiEliminaGrazie a te ☺️☺️
EliminaHarika bir inceleme olmuş 😊
RispondiElimina☺️
EliminaCiao Gresi, peccato che il romanzo non ti abbia totalmente convinta... io non lo conosco ma non credo che lo leggerei...
RispondiEliminaTi consiglierei qualcos’altro ☺️☺️☺️
EliminaPasso, dal momento che la copertina ispira ben più del resto!
RispondiElimina☺️☺️
Eliminala cover è molto accattivante, ma ora non so se mi ispira
RispondiEliminaPer il momento credo proprio di sì, ma se dovesse incuriosirti non te lo sconsiglio. Tutto sommato non si è rivelata una lettura malvagia ☺️☺️☺️
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