Il mio primo libro di questo breve mese dell’anno prevedeva la
lettura di un romanzo la cui copertina era già un’attrazione piuttosto forte,
pur di resistergli. Perciò, senza pensarci due volte, mi sedetti sulla mia
poltrona preferita, e assieme a un capostipite della lettura americana classica
e contemporanea, mi sarei cibata dell’esordio promettente di Arianna Cecconi. In
una manciata di giorni, mi sono limitata all’essenziale: leggere la storia che
la sua autrice si porta dentro. E, in quasi duecento pagine, descrive qualcosa
che in un certo senso non porta quella ventata d’aria fresca di cui confidavo
di essere invasa, piuttosto ci induce a vedere cosa effettivamente succede
quando si serbano così a lungo i ricordi, nella speranza che essi non siano
strappati dall’oblio più in fretta di quel che credevamo.
Questo è solo l’inizio di ciò che ci riserveranno queste pagine.
Una lettura semplice, emotiva, descritta con una certa sensibilità che, devo
dire, mi sono diretta per caso, e scrutando la sua anima constatato come un
segno non ha lasciato. No, purtroppo. Quanto belle e delicate siano state le
parole, l’emozioni intrappolate in una cortina di ricordi, leggende, proverbi
antichi, quanto solitario aggregato che è stato infilato nel vano di un cuore
qualunque ma che disgraziatamente nel mio non è rimasto. Non ho motivo di
sospettare che me lo sia fatta scappare, determinato a restare finchè qualcuno
avrebbe prevalso su tutto. Eppure, sebbene lo svelamento di questi oscuri
segreti, che hanno girato e rigirato mediante espedienti magici, fermandosi
ogni tanto in un punto a caso, il tutto mi è sembrato così opaco che mi ha
impedito di restarne del tutto indifferente. Inquadrando nel mirino chiunque
sia stato protagonista di certi eventi, conscia che, se non fossi stata sedotta
dalla sua splendida copertina, non ne sarei rimasta così distaccata.
Titolo: Teresa degli oracoli
Autore: Arianna Cecconi
Casa editrice: Feltrinelli
Prezzo: 16 €
N° di pagine: 208
Trama: Teresa custodisce da sempre un segreto
di cui è ormai l’unica depositaria. E’ vecchia, ostinata, e quando intuisce che
la sua mente e la sua memoria si sono fatte labili, decide di non mettere a
repentaglio ciò che ha tenuto nascosto per una vita intera. Così una sera si
sdraia nel letto e non si alza più: per dieci anni, “zitta e immobile, fissava
quello che gli altri chiamavano vuoto e che lei aveva imparato a interpretare”.
La sua famiglia però, ostinata, porta il letto al centro del salotto e dell’esuberante
vita della casa, che è tutta al femminile: oltre a Teresa, ci sono le figlie,
Irene e Flora, la cugina Rusì, la badante peruviana Pilar e Nina, la nipote. E’
lei a raccontare la loro storia, che inizia nel momento in cui la nonna si sta
spegnendo e le cinque donne le si stringono intorno per vegliarla. Prima di
andarsene, Teresa regala quattro oracoli – uno portato dal vento ( come quello
che indicò a Ulisse la via del ritorno), uno scritto sulla sua pelle ( come la
tradizione tramanda sia avvenuto a Epimenide), uno fatto di nebbia e di poesia
( come al cospetto della Piza di Delfi), uno che diventa fulmine (secondo la
tradizione della Sibilla Eritrea) … Sono oracoli che sciolgono il nodo che
blocca le loro esistenze, liberandole dalle paure, dal senso di colpa, dal
passato, dall’incapacità di affacciarsi sul proprio futuro. E, liberando le
loro esistenze, Teresa libera finalmente se stessa.
La recensione:
Metà della vita la trascorriamo
sognando e se ti dimentichi i sogni è come avere mezzo corpo, mezzo naso, mezza
bocca..
Non
trascorse poi molto tempo. E’ impossibile dire esattamente quanto. Quando un
romanzo, la sua copertina, la sua trama mi affascinano, non trascorre molto
tempo purchè possa immergermi. Il resoconto di uno di questi riguarda una
recentissima pubblicazione e la mia esperienza al riguardo è meno entusiasmante
di quanto l’autrice avrebbe gradito. Ma pur di non dire troppo, dato che questa
storia è tutta basata su fatti o eventi realmente accaduti, l’autrice sentì
come fosse in dovere di non varcare i confini del dimostrabile, resistendo
strenuamente alle insidie dell’invenzione. Anche i ricordi, che tutto sommato
sono i veri e propri protagonisti di queste pagine, non tralasciano niente di
speciale. Non posso affermare con certezza che il romanzo non mi è piaciuto, o
che mi ha deluso, eppure fu questo fattore che smarrì completamente la mia
anima.
In
prevalenza rimasi a guardare. Una volta che avevo compreso dove mi trovassi,
non era poi così disagevole, ed ebbi il vantaggio di sentirmi a mio agio.
Ospitale, dispensatrice di predisposizioni d’animo e quant’altro, che mi
permise di osservare tutti gli andirivieni di una casa qualunque. Un continuo
viavai di donne pronte e calorose, disponibili e comprensive, e alla fine capì
che non sarebbe stato necessario lasciare l’edificio. Teresa era colei che
aspettava di essere ascoltata. Così fragile, immersa oramai nell’oblio di
farmaci e sedativi, rintanata in un involucro spesso e indistruttibile di
segreti e misteri mai risolti.
A
mano a mano che la storia prendeva vita, o, per meglio dire, a mano a mano che
io mi raccapezzavo di ciò che stavano osservando i miei occhi, la voce giovane
ma gracchiante di una delle nipoti più giovani fu capace di destare la mia
attenzione, anche se per poco. In primo luogo, c’era la questione dei misteri
irrisolti. Dovendo garantire un certo rivelamento, delle indagini accurate
purchè ci dassero delle spiegazioni, ero restia ad abbandonare il posto anche
se per poco tempo. Mi tormentava il pensiero che se avessi saltato qualche
pagina, non avessi vissuto qualche ricordo potesse succedere qualcosa. Da
qualche parte, pensai, le probabilità che le condizioni di una povera
vecchietta addormentata dai farmaci e recisa malamente dalla vita potesse
migliorare erano alquanto insufficienti, ma c’erano tutti questi segreti da
svelare che proseguii di buon passo. Ciò però non comparò lo slancio affettivo,
che seppur doveva essere effettivamente elevato non risolvettero il problema
del nostro legame. Il legame che avrebbe potuto realizzarsi sarebbe potuto
essere il pallido riflesso di un coinvolgimento completo al passo successivo.
Quello della morte. La morte in sé dispensa sempre qualche effetto. Lega o
avvicina maggiormente coloro che erano distanti, lontani; la Cecconi rimanda
questo momento mediante lo scioglimento di leggende, segreti diffusi come
oracoli, decisamente presenti nel romanzo. Esercitando su chi legge un
controllo rigoroso e costante, pian pianino ribalterà la situazione. La sua
ambizione era quella di comprendere i veri motivi che indussero Teresa a
nascondersi da tutto e da tutti, bloccando così qualunque mezzo di
condivisione. Non nel migliore dei modi possibili, ma con la speranza che ci
avrebbe avvicinato alla sua anima, che nelle attuali circostanze non nutrivo
esagerate ambizioni. Pertanto ho vagheggiato con l’intento di aspirare a
qualcosa che non ho avuto. Non intendo constatare questa storia, ricca di
ricordi e pensieri un po languidi, ma libera di pensare a ciò che avrebbe avuto
più significato per me. Per il momento, poiché non vi ho trovato ancora una
risposta adatta, il dilemma rimase e rimarrà in cima ai miei pensieri. E ciò
coincise con la mia valutazione, che dopo le prime cinquanta pagine regredì
nettamente.
Il
secondo problema era, che sebbene la delicatezza e la dolcezza del tema
trattato, non lo considero quel buio e lungo anfratto in cui mi persi, e una
volta tornata in superficie rinacqui. Piuttosto una favola moderna, che esalta
gli antichi miti greci, altamente introspettiva, che non ha trasceso su niente,
ma il cui messaggio è celato in un unico contesto: cosa succede quando bisogna
affrontare la morte?
Non
credo sia la persona più adatta per vegliare tutto il tempo su qualc0sa che ha una
sua anima ma distorta, e che tuttavia mi costrinse a compiere delle
confessioni
Si parla di oracoli, di segreti, dello spirito intrinseco
dell’individuo, dell’affetto inesauribile dei nonni, il continuo pellegrinaggio
di donne che conferiscono una certa importanza simbolica e non metaforica che
oscilla continuamente fra l’irreale e il possibile. Tanti stimoli, ma pochi
effetti. Alcuni aspetti confiscati in virtù di timide espressioni di affetto.
Perciò scrivo tutto questo. Custodendo la storia di questa fragile vecchietta
come viaggio introspettivo, rimandata in un angolo piccolo e tranquillo della
sua casa. Con l’aggiunta di rispettive routine quotidiane in tediosi e
inteneriti dettagli, che esprimono giornate sempre uguali.
Il
romanzo d’esordio di questa giovane autrice tronca i rapporti fra me e lei non
tanto perché il romanzo non mi è piaciuto quanto perché non mi ha trasmesso
proprio niente. Il mio giudizio infatti è relativa alla delicatezza del tema
trattato, alla condizione di solitudine e incomprensione di cui è attanagliata
la protagonista e …. Nient’altro! Poiché non mi ha scossa nel profondo. Non ha
rovesciato né messo a posto nulla a dispetto di prima, se non messo in risalto
l’idea che dinanzi alla morte l’uomo è vulnerabile.
Valutazione d’inchiostro: 3
Non lo conosco, ma é molto interessante; grazie per la recensione
RispondiEliminaGrazie a te ☺️
EliminaEsordio che, bella copertina a parte, non ispirava.
RispondiEliminaLetto perché attratta dalla copertina. Ma come puoi vedere non mi ha entusiasmata più di tanto ☺️☺️
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