"Signa Farrow non riusciva a non pensare a quel fiore così affascinante e così tossico, e alla residenza della sua famiglia che ne condivideva il nome comune, Foxglove, digitalis purpurea, mentre fissava il cadavere dell’ex duca di Berness.” Un uomo è stato assassinato. Il signore di Thorn Grove è stato incastrato. E Fato, l’inafferrabile fratello di Morte, ha preso residenza in un sontuoso palazzo lì vicino. Fato è determinato a vendicarsi, dopo che Morte ha preso la vita della donna che amava molti anni fa: vuole Signa per sé, a qualunque costo. Signa e sua cugina Blythe sono certe che Fato possa aiutarle a salvare Elijah Hawthornedall’ingiusta prigionia, ma più tempo trascorrono con lui, più spaventosa diventa la loro realtà. Signa inizia a mostrare nuovi poteri che la collegano al passato di Fato. Misteri e pericoli si annidano dietro ogni angolo e le due cugine devono imparare a capire di chi fidarsi, mentre i loro destini rimangono in bilico tra gli omicidi mai svelati che perseguitano la loro famiglia e gli inaspettati giochi di Fato…
La recensione:
Mi allontano impunemente da certi luoghi. Io sono sempre quella che diffida, perplessa tenta di sondare, esaminare a fondo ogni cosa e, dopo tanto, se convinta, abbraccia qualunque idea o tentativo di correre dietro ad una storia che negli ultimi tempi sta attraendo parecchi lettori. Vago sempre come uno spettro etereo e luminoso in campi soleggiati e verdeggianti di brughiere splendide, risiedo in cottage in cui le loro proprietarie sono attanagliate dai bruschi rimorsi della guerra o dalla perdita di un caro, corro dietro ad ogni tentativo letterario che mostri una certa parvenza di classico, passato, e tutto quello che di fatto serbo altro non è che un bagaglio di conoscenze che alimenta il mio amore per i classici e la letteratura vittoriana. Una manciata di pagine sono l’unico mezzo mediante cui avrei vissuto certe storie e conservarli come tesori inestimabili riempiono il mio spirito di un tipo di felicità imprecisata e incommensurabile.
La vita però ci riserva spesso sorprese inaspettate. Io non mi stacco mai dai miei amati classici, e poco importa di ciò che pensa la gente, per me è questo il mondo in cui mi perdo e poi mi ritrovo, la mia anima quietamente si libra in cieli di passioni o false promesse. Quelle anime che alla fine di un tramonto vengono a sedersi con me nella baia del mio spirito desiderando nient’altro che prolungare la loro presenza. Di storie adorate e mai più dimenticate ce ne sono a bizzeffe, ma pur quanto mi piacerebbe parlare di classici, questa volta a trasmettere certe emozioni e da cui non speravo di ottenere assolutamente niente è stato l’esordio di Adalyn Grace, che mi ha trascinato in un universo intero, straordinario e ben fatto senza rendermi conto che accadeva soltanto nella fantasia, nella mia testa e non nella realtà. Con questa saga ho dovuto ricredermi nell’idea che di romanzi fantasy per ragazzi validi non ne esistano più, benchè io resti perdutamente indirizzata ad un altro mondo, maledicendomi per non averla letta prima, convinta che a modo suo avesse gettato una fattura anche su di me. Poiché è bastato leggere una cinquantina di pagine per perdersi, perdere contatto con la realtà, credendo invece a ciò che avveniva nella mia mente, nell’animo, nella vita di certe figure. E quando infine ogni cosa giunse all’epilogo ed io restai a bocca aperta, come una stupida, non potei più staccarmene.
Adalyn Grace aveva realizzato uno spazio circostante vasto, dotato di una luce tutta sua, sfolgorante, luccicante, sferzanti nel panorama dello young adult, con la singolare probabilità che mitigasse gli effetti di una vita quasi sempre uguale a se stessa.
La curiosità era stata sollecitata, dunque, invitandomi a pensare che il mondo ritratto non è tuttavia immune alle bellezze di altri romanzi, convocato con una certa urgenza, un certo entusiasmo, che via via è divenuto sempre più frenetico nel momento in cui avevo già compreso i suoi meccanismi. Una certa sensibilità che conferisce innumerevoli significati, in una confortevole penombra che tutto sommato ha accarezzato la mia anima semplice. Quell’esperienza letteraria adatta anche ai lettori forti, che promette molto di più di quel che sembra, bellissimo disegno di un viaggio simbolico, importante, che scruta una parte dell’animo umano, scandagliando ciò che sono i più importanti valori individuali. Una saga un cui ho decantato le bellezze dall'inizio alla fine, equilibrando la mia anima, fissandosi nella mia mente con forza e impetuosità. Condotta in una specie di gioco in cui si lotta per la supremazia, seducente, spontaneo, avventuroso, del quale mi è stato possibile viaggiare, come una meravigliosa esploratrice che contempla ammaliata il paesaggio circostante.
Poco tempo dopo aver concluso il secondo capitolo, mi sono sentita chiamare da un mare di stelle, ed ogni cattiveria sembrava essere svanita del tutto. Ero stata condotta in questo bellissimo pianeta senza che io me ne accorgessi, rifugiandomi ed abbandonandomi in questa piccola utopia, atterrando su questo pianeta, tanto che mi è stato difficile distinguere le cupole scintillanti sotto il sole.
Non avevo ancora ben chiare quali fossero le intenzioni dell'autrice, se pure ne avesse più di una, e mi sorpresi a fare delle congetture sulla faccenda di come avrei potuto agire al suo posto. Avevo consegnato tutta me stessa, con estrema naturalezza, e gioivo al pensiero che questa storia fosse divenuta di mia proprietà, di cui ho potuto disporre come più ho potuto. Mi aveva confortato sentire, sotto l'incombente terrore di una rivoluzione repentina, che in questo momento l'avrei riconosciuta realmente per quella che è, una saga fantasy davvero entusiasmante e molto carina, che non allontanerò mai da me, anche se in questo riconoscimento mi sono spinta così tanto da arrogarmi il diritto di proteggere chiunque.
Dinanzi al luogo in cui sono stata portata, questo piccolo angolo di Paradiso mancato, ho contemplato tutto questo con il desiderio irrefrenabile di poter vivere nel mondo che ci parla la Grace un mondo rinchiuso in uno specchio fiabesco, nella lotta incessante fra Bene e Male, nel quale esiste una specie di morale artistica che proibisce di raggiungere la supremazia o la fama molestando il prossimo, e nel quale i malvagi che hanno avuto l'ardire di farlo alla fine hanno visto prosciugato di colpo i loro patetici tentativi, condannandoli a condurre un'esistenza ingrata e insoddisfacente.
Era indispensabile che il Bene prevalesse sul Male, io stessa avevo cominciato a tramare contro il nemico, in questo caso incarnato in una pazza dall'aspetto austero e malvagio, Vita, essendo immune agli attacchi interni e inconsapevole di ciò che sarebbe accaduto. L'eccitazione mi aveva in parte riscaldata, infiammata durante le numerose impennate che mi hanno vista in questi giorni d'avventura; ma questo beatifico viaggio era svolto al termine.
Non vi furono ulteriori difficoltà a tornare nel posto che avevo inconsapevolmente lasciato. Fui persuasa ad abbracciare questa storia con un certo entusiasmo, e di volgergli le spalle e darle un arrivederci con un casto sorriso sulle labbra. Pensavo che tutto questo avrebbe placato il dolore bruciante della separazione dal mondo di carta dove per quasi due settimane ho fatto perdere completamente le mie tracce, ma la voce interiore della mia coscienza era talmente forte che mi impedirono di stare tranquilla.
Questo è stato il motivo scatenante per cui in questo soleggiato pomeriggio di metà giugno, per una manciata di giorni, ho immaginato la scrittrice che dipingeva i suoi figli di carta in una tela invisibile, così assorta da una metropoli grande e orgogliosa in cui vive. Perché il disegno creato dall'autrice è un'alleanza di ricordi e letteratura che in una manciata di giorni ha decretato definitivamente il suo posto nel mondo.
Un'opera deliziosamente intrattenevole che ha macchiato la mia anima irrimediabilmente e irrecuperabilmente, in una traversata solitaria di incantesimi e pozioni in cui battersi per la sopravvivenza è una concezione di vita a cui si aggrappano i personaggi, pur di scoprire cosa e chi sono veramente, recuperando la memoria e lo spirito di macchine che hanno un anima.
Il tema della fiaba possiede un'importanza molto superiore, e lo fa imitando il verismo col quale scrittori come Handerson e i fratelli Grimm avevano impegnato i loro romanzi. Favole che sono uno specchio su un mondo, una proiezione artistica su ciò che rappresenta la vita in generale, di cui l'autrice si è servita per lanciare un messaggio devastante riguardante lo smisurato potere che celano questo tipo di storie, in un caos fantasmagorico di un giro di vite che sono state rubate, fra anime dannate e peccaminose il cui spirito è simile a quello di tanti altri.
L'occasione perfetta per sedermi alla scrivania, e scrivere ciò che mi è passato per la testa nel lasso di tempo che ho impiegato nel mondo ritratto dall’autrice. Completamente persa e avvinta alle sue pagine, inoltrandosi in un labirinto da cui ho potuto scorgere la luce solamente nel momento in cui ho letto la parola Fine…. Scoprendomi sorpresa a seguirli nella ricerca infruttuosa di una vittoria che il mondo chiede da tempo, con passo barcollante, fino a giungere all'ultima agognata pagina dalla quale mi sono congedata con un mero sorriso.
Romanzi che non sono altro manifestazioni di vita, fuggendo da se stessi, in cui sono stati districati i fili della matassa contorta, che mi ha resa prigioniera di un’avventura sensazionale da cui attendo un epilogo soddisfacente e degno di essere ricordato.
Valutazione d’inchiostro: 4 e mezzo
Bella recensione; grazie
RispondiEliminaA te 😊😊
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