lunedì, giugno 17, 2024

Gocce d'inchiostro: Thèrese Raquin - Emile Zola

Che meraviglia! Ma che lettura straordinaria è stata questa, penso ancora, nonostante i giorni da che ho letto questo magnifico romanzo ad ora sono un pochino distanti. Nei campi della letteratura classica si teme sempre di incorrere in qualche delusione. L’essere umano è mosso da mani invisibili che modificano il suo sé, e la verità avrebbe prodotto qualcosa in cui l’arte avrebbe descritto personalissimi punti di vista, temperamenti forti di figure paragonabili agli animali. In Therese Raquin, romanzo meramente paragonato a Madame Bovary, ci si inginocchia dinanzi a una storia che offre un compendio di emozioni. Apparentemente semplice, il suo scheletro perlomeno, ma complesso di emozioni, di personaggi il cui temperamento si accordano agli ingranaggi di un meccanismo in cui è possibile scorgere una certa armonia fra l’anima dell’uomo e il mondo circostante, da cui deriva un ottimismo aperto, speranze infinite. Per tutta la durata della lettura, ho vissuto questo ennesimo capolavoro col cuore colmo di speranza, derivazioni di un motivo malinconico e pessimistico, in una ricerca multidunale del sesso. Perché grazie ad esso, Therese comprenderà la sua specie, poiché all’epoca non vi era alcuna classificazione senza ordine e chiarezza, in un apparato organico in cui la natura dei sentimenti e delle emozioni entrano in coesione.

Titolo: Thèrese Raquin

Autore: Emile Zola

Casa editrice: Bur

Prezzo: 9 €

N° di pagine: 218

Trama: Il libro racconta la storia di un adulterio, di un omicidio e di un doppio suicidio, di uno stato di follia che lega tra loro i protagonisti, Thérèse e Lorenzo, e di un lento ma inesorabile processo di disfacimento morale e antropologico. Zola compone un romanzo nel quale l'erotismo è strategia e tutto è calcolo e distruzione, un romanzo che nel suo epicentro divora personaggi e situazioni assorbendo e facendo a pezzi ogni scrupolo e ogni valore, fino al collasso conclusivo.

La recensione:

Di romanzi di questo tipo, bonariamente mi piace definire “ semplici”, questi salotti virtuali ne hanno ospitato innumerevoli volte. Spesso, me ne rendo conto, credo di vivere in un epoca antecedente alla mia, ma anche a questo poi sono preparata: mi sveglio di soprassalto e scorgo come, quella realtà illusoria in cui ero completamente immersa, fosse in realtà frutto della mia immaginazione. Therese Raquin si presentò come quell’amica che ancora non avevo conosciuto, anche se la sua storia possedeva alcuni elementi familiari della produzione flaubertiana, nipote di una commerciante arcigna e severa, costretta ad essere imprigionata in una merceria affinché la vita non la risucchiava del tutto.

A me Therese suscitò, sin dall’immediato, una certa curiosità. Volli sapere il motivo per cui molti critici la considerano << un caso clinico>>, poiché, sin dal principio, si avvertiva un certo disgusto dell’autore nei riguardi della società francese di cui la merceria è metafora di mancata libertà. Therese infatti sarà considerata fatale, perversa, dal suo stesso Creatore in cui è stato possibile scorgere una certa duplicità, interpretazione della bella sposa e poi quella dell’amante desiderata e desiderabile, in primis per il luogo in cui è proiettata: da un mondo solare fatto di alberi, cielo e odori a quello degli inferi e delle anime morte. Percependo così la paura quasi come un moto suggestivo nonchè apoteosi di ogni obiettività, la morte come espediente per condurre dinanzi a un inesorabile unione ma alla concretezza degli amanti la cui liberazione dei tormenti è conseguenza di omicidio.

Da una penna dall’inchiostro nero come la pece è stato possibile vedere come in Therese Raquin è il rimorso, il pentimento a fare da cornice ad una storia che, nonostante le complicate rindondanze spirituali, procede spedita, equilibrata per il suo realismo e la sua autenticità, che si cela nella condizione bieca dell’individuo: l’insoddisfazione, l’infelicità. Therese, così intelligente e equilibrata, anela a una realtà completamente diversa da quella attuale e vaga tormentata alla ricerca di qualcosa. Per l’artista, questo qualcosa, dovuto dall’idea che l’uomo non è mai isolato o chiuso in se stesso quanto inquadrato nel contesto che lo circonda, cioè la sua civiltà e la sua cultura. E Zola, seppur padre del naturalismo, fece di questo romanzo una sequenza sperimentale con meditazioni allucinogene. Perchè, mirando alla forma, propone una storia di pornografia travestista che risiede nel perbenismo ipocrita delle operette, nell’attrazione della carne giovane, nella falsa esibizione di benessere così conveniente alla politica imperiale. Di cui le posizioni filosofiche incuneate dall’autore attraverso cui la letteratura si discosta dal dover giudicare un luogo così ristretto, la bottega, quanto abbracciare vasti orizzonti, descrivendo la società nel suo complesso e mettendo in luce ogni dinamica o interazione. E il rimorso a cui facevo prima cenno, da cui sarà attanagliata la bella Therese, altro non è che quello ordinario, secondo molti critici immorale, in quanto la letteratura è scienza essa non è un problema e lo studioso cercando la verità compie un’indagine filosofica e psicologica. Come in La commedia umana di Balzac ritrae quella che è la società, e da Freud il concetto di perturbante in cui esplora il tema del doppio. Il nostro IO è soggiogato da forme esterne e dunque è possibile riconoscersi dal fuori di noi stessi, mediante un’arte soggettiva.

Therese Raquin è la rappresentazione di un rafforzamento narcisistico della realtà e dell’identità in cui la vita è esattamente così, come è narrata, mediante straniamento, alienazione della realtà e i cui colori sgargianti stillano idee nell’inconscio e producono una sensazione perturbante. Fra mondi opposti, antipodi in cui convive un naturalismo fantastico, una scienza positivista e immaginifica e allucinogena che rifiuta l’anima quanto residente nel corpo.

Pierluigi Pellini disse che in Therese Raquin Zola esce dalla sua cornice pur di scacciare un usurpatore e riaffermare il suo possesso su luoghi frequentati in vita, poiché lo sguardo esterno, cioè quello seguito da Lauren, detiene una consistenza palpabile. Il doppio diviene esperienza allucinogena e identificazione assassina e vittimistica in cui si ha paura della morte. Nel romanzo celato nelle vesti di Therese che nonostante tenterà di ignorare l’atto ignobile dell’omicidio, diviene una morta che cammina seppur dallo sguardo dirompente. La malattia da cui sarà affetta è la follia e conseguentemente riconducibile alla morte.

A soli ventisette anni, Zola diede vita ad un apparato organico in cui la natura dei sentimenti e delle emozioni entrano in contatto. Assume paradigmi fantastici di cui i personaggi si muovono su modelli psicoanalitici riconoscendo nei loro gesti elementi che non ricordano ma disseminano per poi metterli in atto e li ripetono senza rendersene conto.

Definito psicologico ma anche filologico perché attraverso la natura l’uomo può operare sui caratteri, sulle passioni, sui fatti umani della società e il determinismo regola l’intera natura. Gli esseri viventi sono soggetti a leggi fisiche o comiche che ne limitano o regolano gli organismi viventi ed i corpi inanimati perciò si modellano su azioni, nell’ambito sociale, agendo su fenomeni di cui è padrone l’uomo. Da ciò deriva quello che sarà poi definito il romanzo sperimentale attraverso cui Zola mise in luce gli ingranaggi delle manifestazioni passionali ed intellettuali che spiega la fisionomia e la fisiologia sotto l'influenza dell’ambiente e da cui attinse modificando ogni cosa. Al fine di arrivare ad uno stato sociale migliore.

Valutazione d’inchiostro: 5

4 commenti:

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