Quando mi approccio ad un romanzo non mi lascio mai influenzare dalla mole o dal numero corposo delle pagine. Raramente mi accingo a vivere quella storia, quell’opera intimidita dal numero corposo di parole, sillogismi, perifrasi. Mi siedo sulla mia poltrona preferita, mi immergo a tal punto che mi lascia sedurre dal canto dolce e melodioso del suo autore o autrice, non avendo più bisogno di credere che la sua lettura possa terminare nell’immediato o durare più di quel che credevo. Qualunque sia il caso, io sono felice. Felice perché in entrambi i casi penso che quello è quel compagno di viaggio che mi ha scelto, o io ho scelto – a seconda dei casi -, e se il nostro tempo a disposizione è illimitato ben che venga.
Questo post però nasce dal bisogno di parlarvi di romanzi che ho letto, in un momento imprecisato della mia vita, e che per caso o per fortuna abbiano previsto viaggi brevi da poltrona. Checchè si sia trattato di letture mai vissute o già vissute non ha importanza. Conta che il loro richiamo, così forte e dall’aura potente come figure mitologiche, mi abbia affascinato a tal punto da tesserne le lodi. Comporre lodi, improbabili quisquilie sentimentali e sdolcinate che forse non hanno un senso se non per me stessa. Quasi tutti hanno sconcertato e rapito il mio cuore, nello spettacolo della vita di straordinaria varietà.Autore: Franz Werfel
Prezzo: 10 €
Casa editrice: Adelphi
N° di pagine: 131
Trama: Una lettera vergata in una «scrittura femminile azzurro pallido» fa riaffiorare la storia di un amore cancellato, simile a «una tomba interrata che nessuno riesce più a localizzare», nella memoria di un brillante funzionario viennese dal «cuore guasto».
La
recensione:
Tutti
noi siamo chiamati a rispondere di quello che facciamo. Non si dà soltanto la
vita, ma la morte, la menzogna, il dolore, la colpa. Soprattutto la colpa.
Questo piccolo ma splendido romanzo fu quel compagno di viaggio che mi indusse a divorarne le pagine senza che io me ne accorgessi. L’amore, quell’ottenebrante e irresistibile desiderio di cadere, quell’ebbrezza di felicità, era un battesimo magico che era capitato persino al protagonista. Leonida. Un uomo un po' viscido ma uscito dal nulla della notte, borioso e spocchioso, fermamente convinto di essere uscito da un unico dispositivo di cui lui è il capostipite, un Dio sceso in terra che presto o tardi, in un misto di forme estreme e d’intolleranza volge le spalle ad occasioni di salvezza che tuttavia rimodelleranno il suo spirito. Mi sono resa conto che non sarebbe stato facile instaurarne un rapporto, e invece di giudicarlo negativamente, ho letto la sua storia con curiosità e avidità. Al buon Leonida la vita gli aveva riservato una spiacevole sorpresa: una vecchia fiamma aveva chiesto di lui, e quando una lettera vergata di una scrittura femminile color azzurro cobalto giunse nella sua splendida dimora, come tutti, in un primo momento dubitò fosse capitato a lui. Forse l’arrivo di questa lettera sortì effetti contrastanti perché la storia che l’autore si porta dentro la sentì come mia. Un modo per mantenere un contatto col passato, un tipo di alchimia per alcuni inspiegabile che ha dato vita a un legame che avrebbe accorciato le distanze, riempiendo il mio animo di dolcezza e stupore. Riuscire a guardarsi dentro con gli occhi di un altro serve sempre, ed anche questa è stata un tipo di esperienza che in un modo o nell’altro ho vissuto sulla mia pelle.
In un pomeriggio di metà inverno, mentre l'odio, la violenza e gli attacchi terroristici dilagavano come una malattia, una sferzata di luce aveva illuminato l'oscurità come un fulmine. Una lunga lettera vergata d’inchiostro azzurro che intimidirono l’ozioso Leonida, ma che, nella sua bellezza, trovò la forza e il coraggio di sfidare il mondo e tutte le sue convenzioni. Ripristinando gli elementi, oltrepassando i confini dello spazio e del tempo. Nella tempesta impetuosa della vita, che in un primo momento potrebbe scaldare al sole e in un successivo andare in frantumi contro gli scogli, così ripetitiva e noiosa, in cui persiste una certa malinconia. Un forte e insano senso di malessere, in quanto lui e la sua amata compagna non hanno saputo lasciarsi contagiare neppure dalla fugacità di un misero atto di felicità investita inevitabilmente anche dal più insignificante. Circondati da lavoratori umili, ma bigotti imprigionati nella solida cella della diffidenza e dell'ignoranza.
Tra le sue pagine mi sono nutrita di una certa tristezza pensando al tempo che, ai personaggi di questo romanzo, non è stato concesso. Alla mancata libertà d'azione, ai giorni in cui hanno avvertito intensamente il peso delle aspettative di qualcun altro, che non li appartenevano. Rendendoli ciò che non avrebbero voluto essere, ma che sono stati: ragazzi sfortunati che hanno dovuto fare i conti con la vita e tutto ciò che ne conseguì.
Quello di Franz Werfel è uno di quei rari casi in cui una storia apparentemente banale, fin troppo semplice, cela un chè di profondo, travolgente, romantico, dolce che mi ha soddisfatta come desideravo, e che è un bellissimo affresco sulla solitudine, il desiderio di essere integrati nel mondo degli altri. Il racconto d'amore di un uomo solo e incompreso, che non ha mai voluto essere tale, e della sua mancata metà. Sul periodo di transizione all'età adulta, fragile nell'anima e appassionato come un magico tramonto che, emanando una luce intensa cattura il cuore in una stretta ferrea non lasciandolo più. Un’analisi prettamente realistica su un tema molto caro ai poeti romantici: l'anima. Descritta come una grande attrice, che la morte sperimenta in continuazione. Libera di interpretare qualunque situazione, cavalcare qualunque onda gigantesca.
Valutazione
d’inchiostro: 4
🌺🌺🌺🌺🌺
Autore: Madeleine Bourdhouxe
Casa editrice: Adelphi
Prezzo: 16 €
N° di pagine: 145
Trama: In questo secondo romanzo della Bourdouxhe (che Jonathan Coe ha definito «una delle più belle scoperte letterarie degli ultimi anni») non siamo più nella grigia e fuligginosa periferia di Liegi, bensì nella douceur de vivre della Parigi della fine degli anni Trenta; e se Élisa, la struggente protagonista della Donna di Gilles, viveva nell'attesa, nel dono di sé, nella devozione assoluta per un marito di cui tutto sapeva accogliere e perdonare, Marie (che pure ama profondamente il suo, di marito) scopre la violenza della passione quando, su una spiaggia della Costa Azzurra, incrocia lo sguardo di un ragazzo di vent'anni dalle spalle sottili, i fianchi stretti e le lunghe gambe abbronzate. Un pomeriggio si incontrano, come per caso, su un sentiero che costeggia il mare e, su un pezzetto di carta che lei non getterà, lui scrive un numero di telefono. Che Marie chiamerà, tornata a Parigi, dalla cabina telefonica di un caffè.
La recensione:
Ma lasciamoci ogni volta, senza
lacrime, e senza arrivederci. Separiamoci senza promesse e senza tenerci la mano,
perché il nostro amore è una cosa viva.
Quella de Marie aspetta Marie è la più bella dichiarazione gestuale e intenzionale di proporre un mondo governato da dogmi e paradigmi in cui l’amore, la passione dei sensi è sopita nel bel mezzo di forme di attesa, l’incertezza di un mondo bizzarro pieno di cose non dette, una forza bruta che tiene sotto il suo gioco, che studia qualunque assetto tragico e inevitabile, nonostante si mira ad ottenere l’ottimismo, una certa forza morale, una certa esaltazione dalle stesse fantasie.
L’amore diviene interpretazione di un mondo con assetti e sfumature diverse. Anche questo romanzo ha lasciato un segno del suo passaggio, e da ciò ho appreso che se certe cose vanno vissute è perché detengono un motivo. Il nostro stato d’animo spesso coincide con l’emozioni, con l’ambiente circostante, la libertà è intrappolata in una bolla di solitudine, insoddisfazione che dovrebbe scovare un equilibrio esteriore in un mondo di affetti domestici, gesti abituali, operazioni abituali …. E avanti a sragionare.
L’amore diviene interpretazione di un mondo con assetti e sfumature diverse. Anche questo romanzo ha lasciato un segno del suo passaggio, e da ciò ho appreso che se certe cose vanno vissute è perché detengono un motivo. Il nostro stato d’animo spesso coincide con l’emozioni, con l’ambiente circostante, la libertà è intrappolata in una bolla di solitudine, insoddisfazione che dovrebbe scovare un equilibrio esteriore in un mondo di affetti domestici, gesti abituali, operazioni abituali …. E avanti a sragionare.
Penso alla potenza dei sentimenti che questa lettura ha sortito così bene. Chi sono io, per decantare le lodi di questa lettura? Una banalissima ragazza di ventinove anni che è stata colpita da un dolore profondo e mal espresso, che sa di lacrime ancora versate, sofferenza, disgusto, inquietudine che non ha più l’aspetto di terribile di rivolta o incredulità. Piegata su un fianco per trascendere nella naturalezza del tempo, trascinata nella crudeltà e nella follia. Fra mutamenti vari che rispondono sia ad una visione esteriore sia interiore, il tutto avvolto nel più rigoroso dei segreti.
Valutazione
d’inchiostro: 4 e mezzo
🌺🌺🌺🌺🌺
Autore: Fuani Marino
Casa editrice: Einaudi
Prezzo: 17 €
N° di pagine: 168
Trama: Un tardo pomeriggio di luglio in un'anonima località di villeggiatura, dopo una giornata passata al mare, una giovane donna, da poco diventata madre, sale all'ultimo piano di una palazzina. Non guarda giú. Si appoggia al davanzale e si getta nel vuoto. Perché l'ha fatto, perché ha voluto suicidarsi? Non lo sappiamo. E forse, in quel momento, non lo sa nemmeno lei. Ma quel tentativo di suicidio non ha avuto successo e oggi, quella giovane donna, vuole capire. Fuani Marino è sopravvissuta a quel gesto e alle cicatrici che ha lasciato sul suo corpo e nella sua vita. Ma le cicatrici possono anche essere una traccia da ripercorrere, un sentiero per trasformare la memoria in scrittura. Marino decide cosí di usare gli strumenti della letteratura per ricostruire una storia vera, la propria. In parte memoir, in parte racconto della depressione dal di dentro e storia di una guarigione, anamnesi familiare e storia culturale di come la poesia e l'arte hanno raccontato il disturbo bipolare dell'umore, riflessione sulla solitudine in cui vengono lasciate le donne (e le madri in particolare) e ancora studio di come neuroscienze, chimica e psichiatria definiscano quel labile confine tra salute e sofferenza: Svegliami a mezzanotte è un testo incandescente nel guardare senza autoindulgenza, anzi a tratti con affilata autoironia, in fondo al buio. Disturbante come a volte è la vita, ma luminoso nella speranza che sa regalare.
La recensione:
Non esiste una verità circoscritta: la
nostra idea di quel che è veramente accaduto non può che provenire da qualcuno,
e questa è la realtà che proviene da me.
Normali. Ma cosa significa effettivamente la parola normale? Niente che ci permetta di non farci sentire come lei, calarci nei suoi panni, aggrapparsi ad uno scoglio nel momento di più facile insorgenza che sconvolse del tutto la sua vita, a cui fu sequestrata la felicità, la sopravvivenza, la lucida perdita della coscienza, della mancanza di entusiasmo in cui non si riesce a rassegnarsi a vedere al di là d ciò che siamo diventati. O meglio, che è diventata. Un corpo privo di anima di cui queste pagine sono una confessione lanciata dalla soglia morale della sua insoddisfazione, che parla di libertà mancata, la possibilità di un imperfetta individualità, un silenzio assordante alimentato dalla paura, dalla realtà che sforna e deforma ogni cosa.
Non ho mai prestato attenzione agli autori italiani come in questo periodo della mia vita in cui ho constatato come vanno a braccetto col mio modo di leggere il mondo della cui esistenza tuttavia ero a conoscenza già da qualche anno, ma come un’entità ignota, inesplorata e pertanto meravigliosa e bellissima che avrei dovuto prendere parte. La storia della Marino si mosse velocemente e dirimpetto nel mio cuore, studiandone la scorza, l’intensità di sentimenti che, sin dalle prime pagine, mi hanno indotta a comprenderne le passioni, le emozioni che muovono le cose, che hanno mosso questa giovane eroina dinanzi all’abisso del nulla, del terrificante e del tragico, considerando le possibilità di constatare la bellezza di certe tematiche. Così perfettamente in sintonia ai miei sentimenti, che non hanno indugiato – nemmeno per un istante – a guardare altrove. E ora all’improvviso, col mondo ancora sottosopra e distante dal mio cerchio personale, senza nient’altro che carta e inchiostro, mi sono concentrata su cose che i miei occhi non avevano ancora visto, sulla magnificenza di certe entità distorte che mi erano ancora sconosciuti. Se << malattia >> a questo punto diviene una parola forse fin troppo ripetitiva, eccessiva, un termine troppo blando per esprimere tutto ciò, può però avvicinarmi a ciò che ho provato leggendo Svegliami a mezzanotte. Avvolta da qualcosa di asettico, ameno, il cui umore tocca apici di dramma e sconforto. Raggiunse la sua intensità in maniera alquanto solenne in cui la solitudine, lo sconforto, il rancore, sembrano trasparire dal suo aspetto facendoci così sentire accolti con un violento abbandono, una forma di repressione immersa in una condizione d’inerzia o ristagno. Prendendo parte ad un episodio inimmaginabile in cui la stessa si intravede appena sullo sfondo di una dramma sconvolgente. Perché è proprio qui che è come se si guardasse dinanzi a uno specchio, che rivela e denuncia nelle sue caducità e illusioni chi sono i veri personaggi, com’è la nostra anima, e che osservandola osserviamo anche noi stessi. La vita di ognuno di noi, il nostro sentirci perpetuamente insoddisfatti di voler raggiungere qualcosa che effettivamente non avremo mai, e che ci è sempre sfuggito di mano. La traiettoria di una luce di cui non sarà mai immersa, è il modo per cui questo romanzo mi prese alla sprovvista. Riverbera nella notte, nella solitudine del cuore, nella ricerca affannosa di vivere e sopravvivere, in sconfortanti fantasticherie che pulsano nel cuore, mettono a posto qualcosa dentro di noi. In un’epoca di recuperi, in cui si abbracciano le tradizioni, false imitazioni, in cui le passioni vivaci, impetuose, scuotono l’anima con una certa irruenza, pazienza, disperazione. Scosso da eventi che non hanno un loro perché ma dentro al quale si dispiegano i brevi e tormentati transiti della passione umana.
Valutazione d’inchiostro:
4
🌺🌺🌺🌺🌺
Titolo: Una rosa sola
Autore: Muriel Barbery
Casa editrice: EO
Prezzo: 16, 50 €
N° di pagine: 170
Trama: Con questo
romanzo potente e profondo, un ritorno alla narrativa realista dopo la
parentesi fantastica, un’avventura nelle travagliate metamorfosi dell’animo
umano, ritroviamo con piacere l’inconfondibile voce dell’autrice dell’Eleganza
del riccio.
Rosa fa la botanica, ha quarant’anni,
vive a Parigi ed è tristissima. O, per meglio dire, è depressa. Conosce i
fiori, ma non li guarda; le piacciono gli uomini, ma solo per una sera; niente
la appassiona, niente riesce a smuoverla dalla cappa plumbea in cui trascorrono
le sue giornate, la vita le sembra un faticoso percorso senza senso.
Così è quasi per forza d’inerzia che parte per Kyōto
per assistere all’apertura del testamento del padre. Di lui non sa niente, sa
solo che è giapponese e che quarant’anni prima ha avuto un’effimera relazione
con la madre. Non l’ha conosciuto da vivo, va a conoscerlo da morto.
Ma il Giappone è un altro pianeta e, anche se in un primo tempo le ciotoline da
tè e i vialetti di sabbia rastrellata le fanno soltanto rabbia, piano piano si
fa strada in lei una consapevolezza del profondo che la porterà a rivalutare se
stessa e a vedere con un altro occhio quelle che fino a quel momento le erano
apparse solo un’interminabile serie di disgrazie. Accompagnata nel suo viaggio
di rinascita da Paul, belga trapiantato in Giappone, fedelissimo segretario del
padre, Rosa conoscerà un nuovo concetto di bellezza che la porterà a elaborare
un nuovo concetto di amore e quindi di vita.
Ma il Giappone è un altro pianeta e, anche se in un primo tempo le ciotoline da
tè e i vialetti di sabbia rastrellata le fanno soltanto rabbia, piano piano si
fa strada in lei una consapevolezza del profondo che la porterà a rivalutare se
stessa e a vedere con un altro occhio quelle che fino a quel momento le erano
apparse solo un’interminabile serie di disgrazie. Accompagnata nel suo viaggio
di rinascita da Paul, belga trapiantato in Giappone, fedelissimo segretario del
padre, Rosa conoscerà un nuovo concetto di bellezza che la porterà a elaborare
un nuovo concetto di amore e quindi di vita.
Ma il Giappone è un altro pianeta e, anche se in un primo tempo le ciotoline da
tè e i vialetti di sabbia rastrellata le fanno soltanto rabbia, piano piano si
fa strada in lei una consapevolezza del profondo che la porterà a rivalutare se
stessa e a vedere con un altro occhio quelle che fino a quel momento le erano
apparse solo un’interminabile serie di disgrazie. Accompagnata nel suo viaggio
di rinascita da Paul, belga trapiantato in Giappone, fedelissimo segretario del
padre, Rosa conoscerà un nuovo concetto di bellezza che la porterà a elaborare
un nuovo concetto di amore e quindi di vita.
Ma il Giappone è un altro pianeta e, anche se in un primo tempo le ciotoline da
tè e i vialetti di sabbia rastrellata le fanno soltanto rabbia, piano piano si
fa strada in lei una consapevolezza del profondo che la porterà a rivalutare se
stessa e a vedere con un altro occhio quelle che fino a quel momento le erano
apparse solo un’interminabile serie di disgrazie. Accompagnata nel suo viaggio
di rinascita da Paul, belga trapiantato in Giappone, fedelissimo segretario del
padre, Rosa conoscerà un nuovo concetto di bellezza che la porterà a elaborare
un nuovo concetto di amore e quindi di vita.
Ma il Giappone è un altro pianeta e, anche se in un primo tempo le ciotoline da
tè e i vialetti di sabbia rastrellata le fanno soltanto rabbia, piano piano si
fa strada in lei una consapevolezza del profondo che la porterà a rivalutare se
stessa e a vedere con un altro occhio quelle che fino a quel momento le erano
apparse solo un’interminabile serie di disgrazie. Accompagnata nel suo viaggio
di rinascita da Paul, belga trapiantato in Giappone, fedelissimo segretario del
padre, Rosa conoscerà un nuovo concetto di bellezza che la porterà a elaborare
un nuovo concetto di amore e quindi di vita.
Autore: Muriel Barbery
Casa editrice: EO
Prezzo: 16, 50 €
N° di pagine: 170
Trama: Con questo romanzo potente e profondo, un ritorno alla narrativa realista dopo la parentesi fantastica, un’avventura nelle travagliate metamorfosi dell’animo umano, ritroviamo con piacere l’inconfondibile voce dell’autrice dell’Eleganza del riccio.
Così è quasi per forza d’inerzia che parte per Kyōto
per assistere all’apertura del testamento del padre. Di lui non sa niente, sa
solo che è giapponese e che quarant’anni prima ha avuto un’effimera relazione
con la madre. Non l’ha conosciuto da vivo, va a conoscerlo da morto.
Ma il Giappone è un altro pianeta e, anche se in un primo tempo le ciotoline da
tè e i vialetti di sabbia rastrellata le fanno soltanto rabbia, piano piano si
fa strada in lei una consapevolezza del profondo che la porterà a rivalutare se
stessa e a vedere con un altro occhio quelle che fino a quel momento le erano
apparse solo un’interminabile serie di disgrazie. Accompagnata nel suo viaggio
di rinascita da Paul, belga trapiantato in Giappone, fedelissimo segretario del
padre, Rosa conoscerà un nuovo concetto di bellezza che la porterà a elaborare
un nuovo concetto di amore e quindi di vita.
Ma il Giappone è un altro pianeta e, anche se in un primo tempo le ciotoline da
tè e i vialetti di sabbia rastrellata le fanno soltanto rabbia, piano piano si
fa strada in lei una consapevolezza del profondo che la porterà a rivalutare se
stessa e a vedere con un altro occhio quelle che fino a quel momento le erano
apparse solo un’interminabile serie di disgrazie. Accompagnata nel suo viaggio
di rinascita da Paul, belga trapiantato in Giappone, fedelissimo segretario del
padre, Rosa conoscerà un nuovo concetto di bellezza che la porterà a elaborare
un nuovo concetto di amore e quindi di vita.
Ma il Giappone è un altro pianeta e, anche se in un primo tempo le ciotoline da
tè e i vialetti di sabbia rastrellata le fanno soltanto rabbia, piano piano si
fa strada in lei una consapevolezza del profondo che la porterà a rivalutare se
stessa e a vedere con un altro occhio quelle che fino a quel momento le erano
apparse solo un’interminabile serie di disgrazie. Accompagnata nel suo viaggio
di rinascita da Paul, belga trapiantato in Giappone, fedelissimo segretario del
padre, Rosa conoscerà un nuovo concetto di bellezza che la porterà a elaborare
un nuovo concetto di amore e quindi di vita.
Ma il Giappone è un altro pianeta e, anche se in un primo tempo le ciotoline da
tè e i vialetti di sabbia rastrellata le fanno soltanto rabbia, piano piano si
fa strada in lei una consapevolezza del profondo che la porterà a rivalutare se
stessa e a vedere con un altro occhio quelle che fino a quel momento le erano
apparse solo un’interminabile serie di disgrazie. Accompagnata nel suo viaggio
di rinascita da Paul, belga trapiantato in Giappone, fedelissimo segretario del
padre, Rosa conoscerà un nuovo concetto di bellezza che la porterà a elaborare
un nuovo concetto di amore e quindi di vita.
Ma il Giappone è un altro pianeta e, anche se in un primo tempo le ciotoline da
tè e i vialetti di sabbia rastrellata le fanno soltanto rabbia, piano piano si
fa strada in lei una consapevolezza del profondo che la porterà a rivalutare se
stessa e a vedere con un altro occhio quelle che fino a quel momento le erano
apparse solo un’interminabile serie di disgrazie. Accompagnata nel suo viaggio
di rinascita da Paul, belga trapiantato in Giappone, fedelissimo segretario del
padre, Rosa conoscerà un nuovo concetto di bellezza che la porterà a elaborare
un nuovo concetto di amore e quindi di vita.
Ma il Giappone è un altro pianeta e, anche se in un primo tempo le ciotoline da tè e i vialetti di sabbia rastrellata le fanno soltanto rabbia, piano piano si fa strada in lei una consapevolezza del profondo che la porterà a rivalutare se stessa e a vedere con un altro occhio quelle che fino a quel momento le erano apparse solo un’interminabile serie di disgrazie. Accompagnata nel suo viaggio di rinascita da Paul, belga trapiantato in Giappone, fedelissimo segretario del padre, Rosa conoscerà un nuovo concetto di bellezza che la porterà a elaborare un nuovo concetto di amore e quindi di vita.
Ma il Giappone è un altro pianeta e, anche se in un primo tempo le ciotoline da tè e i vialetti di sabbia rastrellata le fanno soltanto rabbia, piano piano si fa strada in lei una consapevolezza del profondo che la porterà a rivalutare se stessa e a vedere con un altro occhio quelle che fino a quel momento le erano apparse solo un’interminabile serie di disgrazie. Accompagnata nel suo viaggio di rinascita da Paul, belga trapiantato in Giappone, fedelissimo segretario del padre, Rosa conoscerà un nuovo concetto di bellezza che la porterà a elaborare un nuovo concetto di amore e quindi di vita.
Ma il Giappone è un altro pianeta e, anche se in un primo tempo le ciotoline da tè e i vialetti di sabbia rastrellata le fanno soltanto rabbia, piano piano si fa strada in lei una consapevolezza del profondo che la porterà a rivalutare se stessa e a vedere con un altro occhio quelle che fino a quel momento le erano apparse solo un’interminabile serie di disgrazie. Accompagnata nel suo viaggio di rinascita da Paul, belga trapiantato in Giappone, fedelissimo segretario del padre, Rosa conoscerà un nuovo concetto di bellezza che la porterà a elaborare un nuovo concetto di amore e quindi di vita.
Ma il Giappone è un altro pianeta e, anche se in un primo tempo le ciotoline da tè e i vialetti di sabbia rastrellata le fanno soltanto rabbia, piano piano si fa strada in lei una consapevolezza del profondo che la porterà a rivalutare se stessa e a vedere con un altro occhio quelle che fino a quel momento le erano apparse solo un’interminabile serie di disgrazie. Accompagnata nel suo viaggio di rinascita da Paul, belga trapiantato in Giappone, fedelissimo segretario del padre, Rosa conoscerà un nuovo concetto di bellezza che la porterà a elaborare un nuovo concetto di amore e quindi di vita.
La recensione:
Sono prigioniera della terra, eppure sono
la possibilità della vita, plasmati per trasmettere le radici e il distacco dal
suolo la pesantezza e la leggerezza, la potenza dell’azione a dispetto delle
prigioni.
Con Una rosa sola avevo supposto qualcosa di simile e sono felice di constatare come sia stato così, come la Barbery aveva fatto nuovamente centro, e che tutta la verità dei miei sentimenti trapelano da queste poche righe. L’altro pomeriggio mi recai in un bellissimo posto in cui non apprezzai completamente la proprietaria, ma in cui il tempo trascorso con lei fu a dir poco piacevole. Lei era una botanica, un’amante del giardinaggio, e considerava le rose come prototipi di vita, gemme brillanti che li si vede fiorire e poi morire la cui osservazione suscita tristezza, ma anche un tipo di felicità totalmente pura e intensa che acceca col suo bagliore. Restia a qualunque forma di felicità, anima che vaga lungo la riva dell’assurdo il cui vuoto incolmabile causato da una famiglia quasi sempre assente ha rovinato la sua vita. La sua anima completamente rovesciata e mai più ripresa in cui il disincanto di un sogno apparentemente bello fungono da apertura dell’anima. L’anima, del resto, è colei che avrebbe dovuto fonderci col passato, il presente e il futuro. Avrebbe dovuto inscenare legami con la storia, una successione di fantasmi che si sarebbero dovuti ripercuotere nel presente dirigendosi in un'unica direzione.
Scrivendo un romanzo piuttosto breve, l’autrice non poteva sapere che dalla lettura di certe storie la mia anima ne esce irrimediabilmente guasta. Avendo letto tanto e leggendo tante storie di questo tipo spero sempre che certi racconti cantino alla mia anima semplice ma appassionata. E non solo vi ho risieduto affascinata, ammaliata dalla bellezza di un paesaggio bucolico che mi indusse a guadagnare un certo rispetto, ma vivere in questo minuscolo involucro letterario come un’improvvisa vertiginosa sensazione di ascoltare noi stessi. Ciò che ci sussurra il cuore, poiché quello che ho letto suonava quasi identico alla vita di molti di noi.
Fra un viaggio e un altro si rischia quasi sempre di confondersi, lasciare dietro qualche strascico, qualche rimasuglio di storia precedente – così impossibile da staccare – nel quale spesso desidero protrarne il suo ricordo evitando qualunque romanzo possa non coincidere con la mia anima. E quasi sempre i suggerimenti non si rivelano i più adatti, fremente di riscontrarne fra le sue pagine quella magia riscontrata precedentemente. Ma la lettura di Una rosa sola, che ho ignorato impunemente per due anni, è stata così bello che mi ha concesso di toccare l’anima di questo romanzo.
Alimentato dalla stessa forza delle passioni, sospese in un vuoto cosmico che ancora non fa sentire l’inattuabilità di certe battaglie, un viaggio dell’anima che attanaglia lo stomaco, nella sua inafferrabilità, guidandoci inconsapevole ad imboccare strade che ci inducono a fermarci sui nostri passi, riflettere, e solo dopo giudicare cosa e chi ci circonda veramente.
Ed effettivamente è una visione pessimistica ma veritiera della maggior parte di quegli individui che cooperano, instaurano legami, ma solitari nel giudicare o criticare ciò che ha veramente importanza. Ora la vita avrebbe avuto più senso, il ricordare è un tesoro inestimabile e il silenzio di cui è impregnato così opprimente quasi da impedirci di respirare in un'unica massa schiacciante sembrava avesse acquistato una certa forma, ma l’interesse era soprattutto per ciò che si ritiene scontato o inutile per rivelarci la verità, saper andare al di là delle cose, dotato del candore di un bambino e del cinismo di un adulto che ha un chè di ammirevole, non si vergogna per essere diverso, così come non ammette di essere rimasto saldamente ancorato a idee, pensieri o nozioni da concezioni filosofiche relative al pensiero antico.
A dispetto de L’eleganza del riccio una lettura emotiva e non razionale, che mi travolse con la forza e la potenza di un moto perpetuo e perenne. L’assurdo, l’irrazionale, l’inappagamento, la ricerca perenne di scovare se stessi coincide con l’idea di essere parti razionali di un tutto che osservano la vita, spesso lamentandosi su ciò che si ha e su ciò che si aspira ad avere, così apparentemente privi di passioni, desideri, amore, destinati a rimanere stupidi, brutti, sottomessi a quelle forme contorte o idee che lo edificano, lo innalzeranno verso trampolini di lancio dalle alture vertiginose, nonostante alterati dal processo naturale delle cose. Così ciechi dinanzi alle crudeltà, alla violenza, all’impossibilità di provare amore se non mediante un processo catartico.
Tutto questo racchiuso in nemmeno duecento pagine, consapevole di star contemplando il frammento di vita di un’amante della botanica qualunque, una donna di mezza età inavvicinabile e incomprensibile, in cui il suo processo di << rinascita >> affiorerà dal buio di un vasto fondale.
Romanzo che potrebbe rientrare nel sentimentalismo, nella vacuità di certe emozioni in cui la protagonista è un’anima alla deriva che si trascina quasi sempre nel fango, nella crudeltà, nell’indifferenza, come uno squarcio di luce che ne risalta le tenebre. Dipingendo la storia di una donna che, in un modo o nell’altro, desidera solo essere compresa, che non si discosta dall’idea di tristezza o rammarico che suscitano le sue pagine, in quanto ogni forma di gioia o contentezza è un soffio di vento che a malapena si riesce ad avvertire.
Valutazione d’inchiostro:
4 e mezzo
🌺🌺🌺🌺🌺
Autore: Orsola Nemi
Prezzo: 13 €
Casa editrice: Bompiani
N° di pagine: 176
Trama: Tra il 1955 e il 1965 Orsola Nemi raccoglie bozzetti, pensieri e poemetti che documentano una vita trascorsa in grandi case zeppe di libri e di gatti, aperte su giardini e orizzonti nei quali la fantasia ha spazio per correre ed esprimersi. Curiosa, sempre incantata dalla natura, osserva avvenimenti del mondo vegetale e animale, che paragona a quello degli uomini e su cui fa riflessioni profonde; e insieme nota e annota i grandi avvenimenti mondiali facendoli suoi, commentandoli e interpretandoli. Che sia trasognata o caustica, lieve o lancinante, sceglie sempre una lingua meditata e preziosa per consegnare agli occhi dei lettori, lei, donna timida, una visione del mondo che di timido non ha nulla.
La
recensione:
Non si
può capire in che maniera, in un mondo come il nostro dove, a ben guardare,
Bellezza e Tragedia sono i padroni della scena, vi sia posto anche per gli
imbecilli importanti.
Titolo: Amore
colpevole
Autore: Anna Tolstoja
Casa editrice: La tartaruga
Prezzo: 17 €
N° di pagine: 208
Trama: Anna ama la natura, legge, dipinge e sogna un amore puro e ideale.
Ha solo diciotto anni quando il trentacinquenne principe Prozorskij la chiede
in sposa. Convinta di aver trovato in lui il vero amore, dovrà invece
scontrarsi con un marito capace di concepire il sentimento solo come possesso
carnale. Sarà un amico del principe, Bechmetev, un artista, a farle conoscere
quella consonanza di anime in cui crede. E anche se Anna deciderà di restare al
fianco del marito e dei figli e di combattere per salvare il suo matrimonio,
sarà lui, Prozorskij, consumato dal dubbio e dalla gelosia, a trasformare irrimediabilmente
quell'amore puro, a cui Anna è disposta a sacrificare tutto, in un «amore
colpevole». Il destino di Sof'ja Tolstaja, l'amatissima moglie di Lev Tolstoj,
fu quello di vivere all'ombra di un uomo di genio, rinunciando alla sua
passione per la scrittura. Ma ora questo romanzo, che vide la luce solo
diciassette anni dopo la morte dell'autrice, restituisce al lettore la sua
voce, che colpì Tolstoj per la sua «forza di verità e semplicità». "Amore
colpevole", la risposta di Sof'ja alla "Sonata a Kreutzer", è la
storia parzialmente autobiografica di Sof'ja e Lev, un romanzo sulla gelosia,
la sfiducia e il disprezzo che logorano ogni matrimonio.
La
recensione:
A volte, quando
corro, ho la sensazione che mi basterebbe puntare un po’ di più i piedi per
spiccare il volo. Anche l’anima deve essere sempre pronta a spiccare il volo …nell’infinito.
Anna Tolstoj, la moglie del grande poeta e scrittore russo, aveva un animo audace, un temperamento apparentemente forte, duro che tuttavia si lascerà contagiare dai dettami di un cuore che sussulta a ogni reazione amorosa. Nonostante gli innumerevoli tentativi di astenersi, annullarsi, il suo cuore è turbato dalle stesse eterne angosce. E al di là di questi imperativi, c’era la confutazione da parte della stessa autrice secondo cui i sentimenti, la mancata libertà, l’idea di poter cambiare un mondo che in quel momento si stava avviando verso la distruzione più totale.
A questo mio ennesimo viaggio spericolato si aggiunse il tentativo di comprendere come e perché mi fossi piombata qui, in un paesino della Russia sul finire del 1800, piena di strane storie da ascoltare e sentire. Ogni giorno è portatore di speranze, eventi, sensazioni che mi sconvolgono completamente; il richiamo al vecchio e al nuovo, è sempre così prepotente che negli ultimi tempi mi sono trovata ad amare certe storie molto più di quel che credevo.
La protagonista della storia che mi è stata letteralmente sbattuta sotto il naso abitava in una casetta a un piano in una lunga fila di casette tutte uguali, incastrate fra due avvallamenti, il cui accesso conduceva in un posto meraviglioso: una biblioteca. L’immagine della mia felicità. Non il luogo più adatto da scegliere fra posti diversissimi e migliori – il Cimitero dei libri dimenticati è un esempio - ma quel covo di incontri e scontri che picchieranno sulla testa di Anna con prepotenza e ossessione, quasi una confessione lanciata dalla soglia del suo animo. Ogni cosa era descritta benissimo. Accettare quell’ineluttabile accettazione del mondo così com’è e di noi stessi in quanto esseri sostanzialmente completi, sono alcuni di quegli elementi che evidenziano la personalità di Anna formata dallo stesso sistema, che la opprime e la induce a entrarne a far parte.
Gioisco nel pensare di essere capitata in un luogo che ha sortito nell’immediato un certo fascino, a vedermi lì camminare silenziosa, a parlare dei fatti della loro vita, e quasi sempre devo cercare di contenermi per non scoppiare a ridere all’idea che qualcuno che ai giorni nostri avrebbe volto le spalle a tutto e tutti per raggiungere i suoi scopi potesse invece soffrire in questo modo, senza però ottenere effettivamente niente. Si, poiché Anna si vedeva come dominata dalla presenza di un luogo da cui vorrebbe allontanarsi, così trascurato e malinconico. Dominata da una forte riluttanza del vivere, a osservare il mondo che la circonda. Ciò che vede o sente ha un suo peso e una sua vivacità di cui non è abituata. Persino le cose sgradevoli sembrano essere degne d’attenzione perché anch’esse sono parte di lei. Il passato non poteva tenerla avvinta quando il presente è così ricco, quando le stesse sorprese della vita hanno il potere di offuscare persino le cose più impensabili.
Ero io che stavo suggerendo tutto questo, o effettivamente Anna aveva bisogno di capire che per intensificare lo splendore del suo animo, la sensazione di giovinezza e tenerezza che questa fuga dovrebbe conferire perdono in lei quei pochi contorni che aveva assunto. Allegoria di una mancata libertà, sopravvalutata e vana che impedisce ogni cosa, causata da disordini, dalla decimazione di un sistema che ti induce a non poter fare altrimenti. Ed io che la incitavo a fare tutto questo. Non mi parve però che Anna mi avesse sentito.
In Amore colpevole ho visto il preludio di uno scenario meraviglioso che avrebbe potuto diventare più grande e maestoso. Se quelli che lo hanno abbandonato non avessero considerato il loro ritorno alla stregua di una risa, non avrebbero visto come la Russia era quel luogo oscuro, svuotato di fascino e ricchezza di cui la stessa autrice avvertì sensazioni avvicendarsi come ombre sempre più ostili di cui la società fu oscurata da un’ombra più oscura della guerra civile. L’autrice avvertì un certo dissenso, in tutto ciò, perciò descrisse così bene questa storia. L’irritante egualitarismo della vita rurale, sentimenti ambivalenti o ignoranti nei confronti del passato, la nebulosità di valori, l’assenza di cultura, e la povertà intellettuale che si riscontra in quest’opera e in altre pubblicate dall’autrice descrive quell’età dell’oro in cui la gerarchia sociale, la libertà personale, il rispetto per il prossimo e il passato e una consapevolezza di quei valori che dominano la vita dell’alta società. C’è un vincolo che lega i valori di una società e il suo ambiente sociale, l’esistenza vuota dei personaggi e la sua correttezza. Ma comprendendo l’ambiente possiamo comprendere le persone.
Algido e impenetrabile, circondato da quella patina di emozioni che ti scavano dentro, romanzo che affonda le sue radici nel cuore di chi legge non badando a niente e nessuno se a ciò che potrebbe intaccare la sua anima semplice e lucente.
Non solo quella pantomima scissione fra vecchio e nuovo in cui il vecchio sembra mescolarsi al nuovo con estrema cura, ma il bisogno impellente di scovare quella via di fuga, una libertà intrinseca a qualunque forma di possessione e ossessione, slancio di azioni e pensieri che si tramutano in impulsi emotivi la cui ondata è però talmente travolgente da aprire varchi nel cuore. La veridicità di certi fatti che sono stati sottoposti dall’impossibilità dell’uomo di adottarsi al progresso, in cui alla fine Anna resterà ancorata ai suoi obiettivi, che non ha mai abbandonato i suoi principi, non ha mai toccato la corruzione, venduta ma essere audace di cui l’ignoranza dei paesini di provincia, l’assetto sociale non avrebbero potuto prevalere. Piuttosto cambiare prospettiva, visione del mondo.
Valutazione d’inchiostro:
4
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Autore: Francis Scott Fitzgerald
Casa editrice: Feltrinelli
Prezzo: 8,50 €
N° di pagine: 230
Trama: Il grande Gatsby ovvero l'età del jazz: luci, party, belle auto e vestiti da cocktail, ma dietro la tenerezza della notte si cela la sua oscurità, la sua durezza, il senso di solitudine con il quale può strangolare anche la vita più promettente. Il giovane Nick Carraway, voce narrante del romanzo, si trasferisce a New York nell'estate del 1922. Affitta una casa nella prestigiosa e sognante Long Island, brulicante di nuovi ricchi disperatamente impegnati a festeggiarsi a vicenda. Un vicino di casa colpisce Nick in modo particolare: si tratta di un misterioso Jay Gatsby, che abita in una casa smisurata e vistosa, riempiendola ogni sabato sera di invitati alle sue stravaganti feste. Eppure vive in una disperata solitudine e si innamorerà immensamente della cugina sposata di Nick, Daisy.
La recensione:
La vita sembra
molto più di successo se la si vede da una finestra sola, dopo tutto.
Mi è sembrato troppo poco, troppo frettolosa questa lettura, questo tempo trascorso in sua compagnia; accettare la separazione è stato un passo alquanto difficoltoso. Queste due figure hanno avuto in comune la predisposizione di nutrire una certa avversione, una certa paura verso la vita. Talvolta ho avuto l'impressione di aver affiancato un uomo vuoto come un guscio. Ho avvertito tutto il peso della sua tristezza. Come potevo aiutarlo? Gatsby si crogiolava nel suo dolore, si deperiva senza che io potessi fare qualcosa.
Eppure, quanto è stato grande il suo bisogno d'amore! Quanti sono stati innumerevoli ed infinitesimali i sentimenti che nutriva per la bella ma antipatica Dasy, e come si illuminava quando la vedeva comparire nel vialetto con la sua mini car tirata a lucido. Che razza di stupida sono stata io! Quando, dopo la conoscenza di certi personaggi, si incomincia a riprendere conoscenza di ciò che ci circonda, della realtà che ci circonda, una delle prime constatazione che si fanno, uno dei primi, inevitabili segreti che si hanno quando si termina di leggere certi romanzi, sono le sensazioni. Ancora adesso non riesco a tenerli a bada, ma cosa avrei dovuto fare? Spegnere l'interruttore del cervello, e lasciarmi andare alle sorti di un fato egoista e crudele? Trasferirmi in un nuovo corpo? Proprio no. La luce che ho visto scorgere, crescere, e poi sfavillare come meravigliose scintille sono divenute più forte man mano che leggevo.
Il congegno artificioso delle emozioni, dei ricordi, esposti quasi sempre ai venti della vita, uno stile nevrotico e frenetico, mi hanno consentito di calarmi nel vivo di un mondo al'apparenza popolato da cartoni animati, di personaggi drammatici che scontano fino alla fine il mestiere della vita. Accadimenti tutti diretti verso la dissolutezza di Gatsby, ma anche di Nick, Dasy, con tracce di autolesionismo autobiografico.
E' stato davvero impossibile spiegare la bella storia di Il grande Gatsby … o meglio dire dello stesso Fitzgerald. Complesso e un po' algido, nel grande bazar della vita, in cui si preferisce la qualità alla quantità, divenuto famoso per la sua somiglianza con lo scrittore americano.
Una selvaggia immersione dell'anima, un tuffo di tutti i colori in un'unica tinta scura, una debole cantilena americana che continua a corteggiare il mondo, trascese con una certa durezza, con autocontrollo e disciplina del secolo. Sullo sfondo di un crepuscolo verde, in una New York un po' affollata e colorata, fra feste, cockteil e pianoforti che sprigionavano una splendida melodia.
Una storia che sembra fluttuare leggermente verso il cielo come una pista da ballo sui piani, dando al lettore la sensazione di essere solo nell'universo, sfamata da una miriade di parole, scaldata da un'unica luce al mondo. Con personaggi che brillano, si espandono, lusingati della mia presenza, ed io della loro, rimpiangendo nel silenzio delle loro riflessioni il mondo che si sono lasciati alle spalle. Affacciandosi indirettamente sull'oceano, pronti per un cambio di rotta, un rimescolamento di atomi che avrebbero formato la molecola essenziale di un nuovo popolo.
La simpatia umana ha dei limiti,e noi eravamo contenti di lasciare svanire le loro tragiche discussioni con le luci della città alle nostre spalle.
Valutazione d'inchiostro: 4
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