Di dolore, di una serie di circostanze nefaste, funeste, reminiscenze in cui si recupera la vita stessa nella sua splendida rievocazione, di intermittenze involontarie compresse in componimenti letterari che provengono non solo dall’esterno ma anche da noi, la Ricerca ne è zeppa. Sentimenti forti e inviolabili come, l’infelicità, la tragicità, adornano le nostre fragili membra, alterano ogni cosa, persino la materia con cui è costituito questo bellissimo compendio, e come mediante dolore sia possibile conoscere il mistero, il lato più oscuro in cui i ricordi sembravano susseguirsi l’uno con l’altro. Esaltando, esprimendoli mediante la solitudine, la bellezza di elementi principali che governano l’universo proustiano, in conflitti rigidi e flessibili che possano lasciare libero spazio a metamorfosi dissipate e disperse.
Titolo: Alla ricerca del tempo perduto. Albertine scomparsa
Autore: Marcel Proust
Casa editrice: Mondadori
Prezzo: 11 €
N° di pagine: 336
Trama: Giudicato da Proust stesso «ciò che ho scritto di meglio», "Albertine scomparsa" (1925) chiude il dittico della ragazza di Balbec narrando il lutto del Narratore per la sua morte e il lento trascolorare della sofferenza nell'oblio, sullo sfondo di una Venezia insieme immaginata, rievocata e reale. Ispirato a un episodio autobiografico e permeato più di tutti di un potente erotismo, il penultimo libro della "Recherche" permette all'autore di approfondire il registro tragico dell'opera, indagando in profondità il dolore del mondo e dando il via a un percorso di autoanalisi che ha pochi eguali nella storia della letteratura.
La recensione:
Ciò che sentiamo è l’unica cosa che esiste per noi e noi la proiettiamo nel passato, all'avvenire senza lasciarsi fermare dalle bonarie fittizie della morte.
Questo bisogno insensato, doloroso, ansioso di possedere e rendere esclusivamente la passione provocata da fattori esterni, come punto di rinascita, sarebbe stato possibile senza al fianco di Albertine?
Nel riporre queste poche righe, penso a tutto questo. Alle illusioni che mi erano state inculcate, una fra le tante quella di poter essere per sempre giovani, intimidita dall’amore ideale, puro, a sentimenti così forti che si agitavano dentro al mio animo forse fin troppo dilettanteschi ma anche soggettivi, proiettati verso la più oggettiva e coerente delle conclusioni in cui il sentimento e la nostalgia saranno trascesi nel seguito di quella che è la ricerca della verità. Racconto puro che si risolve in un angosciante ma inconcludente ripetitività, e che solo mediante l’arte sarebbe stato possibile ritrovare quel tempo che non ce l'avrebbe restituito nessun’altro.. Perché i suoi segni donano un tempo ritrovato, il tempo dell’originale e dell’assoluto che comprende tutti gli altri e unisce altre dimensioni trovandovi la verità che corrisponde a ciascuno di noi.
Dinanzi alla morte ogni gesto insensato, irrazionale diviene parte esaltante di un’esperienza sovrumana bellissima e straordinaria. Viaggiando è possibile riscontrare gioie, innumerevoli sensazioni perchè rappresentano l’interruzione di un circuito nevrotico, quasi sempre affiancato a un tipo di disagio che il corpo esplica con l’ambiente circostante, unendosi al tempo, ingannato dall’amore che rievoca e lo porta a galla ciò che credevamo nascosto.
Sembra si tratti di appartenenze di un altro mondo, un altro ordine, velate dalle tenebre, ignote e impenetrabili ma nell’intelligenza distinte, le une dalle altre. Ma trattasi di una connessione, un legame in cui il desiderio è celato dentro il nostro essere. Un tipo di magia che mediante musicalità risveglia la memoria involontaria, quei ricordi che sprofondano nell’inconscio e che sono poi sollecitati da fattori esterni? Forse si, in quanto la verità avrebbe abbattuto ogni insicurezza, l’amore avrebbe generato confusione, misurando il desiderio, il materialismo, la concezione di possesso che dilaniano il cuore umano, prevalgono sulla nostra coscienza mediante abitudine, costanza.
Ciò che nasce, sorge altro non è che un dibattito intimo, personale attraverso cui Proust fugge da se stesso, dal mondo che lo circonda, comprendendo la realtà, plasmando qualunque fantasia partorita da un pensiero puro o impuro, avvalendosi della letteratura come sottraendosi dal mondo reale, circolare, da forme superiori totalmente accessibili alla realtà. La realtà, in questo penultimo volume, sembra più inaccettabile di quel che si crede, in cui il tempo proiettato genera sofferenza, solitudine, parte integrante della vita stessa, come inizio di un erosione alla felicità infantile oramai perduta.
Quello della Ricerca è un lungo ma sensazionale cammino in cui l’autore potè modellare i principi dell’arte, dell’estetismo, il valore del tempo e le sue interpretazioni mediante uno sbocco sul mondo, sulla natura, sulla letteratura che, severo nel carattere, è proiettato lungo un’unica direzione: conquistare l’eternità. Come? Non lasciandosi intaccare da alcuna nullità, come quella ad esempio dello snobismo, che mediante tale visione filosofica l’autore comprenderà invece mediante le classi sociali disseminate dall’assetto materiale, celandosi dietro a false credenze o falsi miti. Universalmente riconoscibile come racconto di memorie, ma segreto perché si fonda su convinzioni essenziali in cui il mondo che si ricorda è così disorganizzato, confusionario, contornato da uno stile elegante, dialoghi che raggiungono l’apice della sua magnificenza in forme raffinate insinuate nella vanità, nell’adesione dell’occhio sociale attraverso cui sono stati posizionati uomini di razza diversi.
La nobiltà era relegata in forme che risiedono nell’appparenza in cui la naruralezza si sposa al paesaggio circostante, annichilito da un grado di ignominia, in cui ci si beffa del mondo sprofondando però in una realtà ostile, atipica, lontana che induce ad osservare il tutto con altri occhi. Quegli occhi che solo nell’apparente ricordo il narratore sceglie di abbracciare la scrittura, liberandolo dalla sua banalissima esistenza.
Nella nostra anima ci sono cose alle quali non sappiamo di tenere tanto. Oppure se viviamo senza di esse è perchè rimandiamo in giorno in giorno per paura di fallire, o di soffrire - il momento d'entrarne in possesso.
Valutazione d’inchiostro: 5
Ottima recensione, grazie
RispondiEliminaA te 😊
Elimina