L’impulso, il lampo di compassione, l’ingenuità infantile, tutto questo era compreso pienamente tra le pagine di un testo di cui ero completamente ignara. Ma la tenacia del confidare, dell’affrontare, la determinazione nel montare sogni o speranze che mi hanno condotta in una modesta fattoria inglese, funsero da espediente per volgere le spalle alla monotonia del quotidiano, a giornate immerse nella frenesia di ritmi a volte inconcepibili. In un quadro artistico, architettonico, semplice ma soave che supera ogni avversità, ogni pericolo, ogni pregiudizio. Una vittoria personale in cui predominano il perdono, il rancore, la compassione, ma anche l’amore, l’amicizia, il desiderio di ritagliarsi un posto tutto nostro nel mondo.
Titolo: L’innamorato indeciso
Autore: Edith Nesbit
Casa editrice: Elliot
Prezzo: 18, 50 €
N° di pagine: 320
Trama: Betty Desmond è la giovane e ingenua protagonista di questa commedia degli equivoci, ambientata tra l’Inghilterra edoardiana e la bohème parigina. Incredibilmente moderna per il suo tempo (fu pubblicata nel 1906), la storia si snoda attraverso le dinamiche di un quadrilatero amoroso che imprime una svolta imprevista all’educazione sentimentale della ragazza. Annoiata dall’austera vita condotta insieme al patrigno, pastore in una canonica della campagna inglese, Betty viene conquistata dal fascino di Vernon, un pittore che si diletta nell’arte del corteggiamento. Per stroncare quella frequentazione “pericolosa”, il patrigno si affretta a separarli e spedisce Betty a Parigi. In Francia, però, Betty e Vernon si rincontrano e riprendono a vedersi, mentre all’orizzonte si profilano un altro uomo e un’altra donna… Con il suo stile leggero e arguto, l’autrice accompagna il lettore, tra intrighi, incomprensioni e gelosie, alla ricerca di una risposta agli eterni quesiti del cuore: è possibile amare due uomini (o due donne) allo stesso tempo? Cosa muove davvero i nostri sentimenti?
La recensione:
Se, chi non mi vede da dieci anni, mi vedesse adesso, credo non mi riconoscerebbe… La vita, nel bene e nel male, presto o tardi ci induce a cambiare, a mutare forma. Naturalmente, quando scrivo << mutare forma >> tento di essere ironica. Nessuno muta aspetto, sebbene di cambiamenti estetici chiunque potrebbe essere allettato. Quanto del cambiamento che avviene in noi, in un momento particolare della nostra vita, resa in passato come espediente per fagocitare ogni speranza, ogni salvezza affinché la libertà a cui si aspira non è qualcosa di così effimero, come si crede. Nei trentadue anni di vita, ho insistito tanto, mi sono incaponita a voler raggiungere degli obiettivi, di qualunque natura si trattasse, e l’esperienza ha poi rilasciato una fattura. E, come sempre, quando la Vita ci sbatte addosso certe cose, non si può non provare un forte senso di soddisfazione di cui sapevo già, nel mentre ho aspettato silenziosamente, che ogni cosa, ogni bruttura, si sarebbe dissolta in brevissimo tempo, lasciando il vuoto a qualcosa di inesprimibile, nemmeno le parole possono cogliere appieno. La possibilità che ci sia un riscatto da ogni cosa, non importa quanto tempo o pazienza ci vorrà, servirà alla fine a dare un senso ad ogni cosa, momenti o attimi di sfiducia, la delusione che forse raggiungere certi obiettivi, desiderare ardentemente certe cose siano solo perdite di tempo. Per qualche momento, mi sono sentita stordita ma nulla di più. Il tempo, quel migliore beneficiario, ha reso giustizia ad ogni cosa…
Avevo raggiunto Betty, la protagonista di questa incantevole commedia inglese inaspettatamente, senza che io e lei ci conoscessimo in passato, per soddisfare l’ennesima richiesta di lettura per una sfida indetta su Facebook, anche se non avevo sperato che dalla sua lettura potessi uscirne con l’anima in tumulto. La sua natura, così semplice e ingenua, proiettata sulla sua figura esile e minuta, era scevra di ogni forma di libertà che un romanzo di stampo inglese vittoriano potesse trasudare, quanto disprezzo, sconcerto in merito ad alcune questioni relative alla società, all’ottusità del paese, forme atipiche di solitudine e incommensurabile malessere che Betty assorbe con coraggio, forza ma a cui risponde mettendo in atto quel succinto meccanismo religioso che il patrigno le impartì quando era bambina, i cui vantaggi avrebbero dovuto produrre un allontanamento dal mondo, da ogni distrazione o peccato, quanto ad una vera e propria identificazione dell’anima. Guardandosi con gli occhi di un altro avrebbe funto da risposta, da conseguenza a ciò che sembrava privo di vita, di conforto.
Le prime pagine, quelle in cui non è possibile scorgere ancora niente dalle brutture del mondo, non avevano l’aspetto meravigliosamente poetico di cui certi classici sono pregni, però non ne era nemmeno così lontano. La sua impronta, infatti, era semmai indifferente. E il mio approccio, nei suoi riguardi, sulle prime, fu indifferente. Stavo affrontando, anzi, avevo affrontato il tutto con distacco, quasi menefreghismo, perfino la << condizione >> di questa povera ragazza, che desiderava nient’altro che essere donna. Eppure la vocina interiore che, in questi casi, si affaccia come uno spirito buono nella mia coscienza, aveva chiesto che io iniziassi a “leggere”. Betty non meritava di essere vissuta, quanto compresa, confermando in questo modo che si trattava di me. questo mancato contatto che inizialmente sembrava non potesse esserci, e poi le cose sarebbero cambiate. La sua autrice, che mi aveva affiancato, avrebbe voluto un coinvolgimento diverso, ed effettivamente aveva ragione. << Grazie, avrei dovuto dirle! Sarei stata stupida a ripudiare la sua compagnia. >>
Lo so, e me ne vergogno. Ma, sorrido mentre ripongo queste poche righe, e comprendo quanto di Betty c’è la sedicenne di qualche tempo fa. I medesimi pensieri, gli incauti gesti, impulsivi e privi di senso, l’avventatezza di certi << slanci >> amorosi, che, alla fine, in un modo o nell’altro, mi riconducevano sui miei passi. Quante volte, in passato mi sono sentita così? Mi sono sentita Betty?!? Ed ora che ho raggiunto la maturità sono più consapevole di come avrei potuto agire, o reagire, sentendomi meglio senza dover compiere alcun passo falso. Se dovevo concentrarmi ad raggiungere un certo scopo amoroso, scegliere la strada da percorrere, quella più semplice, non mi avrebbe reso la persona che sono adesso. Ma come adesso, anche allora me la cavai da sola, e forse il mio subconscio desiderava per Betty un simile destino…
Eppure Betty, alla fine, venne a bussare alla mia porta e prese controllo della mia vita, non credendo che ciò avrebbe comportato novità, cambiamenti, sorprese. Non credevo che potesse entrarvi a farne parte, per la semplice ragione che certe letture bisognerebbe a mio avviso viverle in età giovanile. Vivere tranquillamente, asserviti a Dio, soggetti alle mani di un Fato egoista e crudele, con l’unico scopo di vivere pregando poiché il Maligno fosse sconfitto, è l’unica strada accessibile.
La dolce Betty, però, con una folta chioma di capelli neri, un viso ovale punteggiato da lentiggini, è il simbolo di una rinascita, lo scopo di distruggere il “vecchio” nel far prevalere il “nuovo”, il disegno strabiliante di una sorta di pellegrinaggio spirituale in cui l’immaginazione vince sul reale, quasi incaricata a spiccare in mezzo ad un marasma di miserie, povertà, in cui la bontà d’animo e il desiderio di essere amati coincide con il potere di essere integrati col prossimo. Inizialmente poco ben accetta, con questa sua fervida immaginazione di essere stata esiliata in un luogo in cui l’amore era un miraggio, ma ben presto con una sua identità. Una sua voce, un facile esempio educativo che a mio avviso ogni lettore dovrebbe trarne esempio. Qualcosa di più della semplice descrizione di mere sofferenze di una giovane fanciulla, di aspirazioni cristiane che confluiscono tutte nella possibilità di purificare il prossimo. Una specie di paradiso, che chi decide di imbattersi fra le sue pagine non potrà uscirne vivo. Non avrebbe potuto ignorare la stessa Betty, sebbene troppo credulona delle volte per i miei gusti, il suo forte desiderio di rivalsa e di sopravvivenza.
Anche se, solo alla fine, ci si rende conto di aver trattenuto il respiro. Il fiato corto, i battiti accelerati, le sorti dell ormai diciassettenne Betty nelle mani di qualcosa o qualcuno che non ha ancora una sua forma. Qualunque fossero i miei sentimenti al riguardo, qualunque cosa si fosse instaurato tra me e lei, la determinazione di lasciarsi alle spalle, in rovina, sogni o progetti che avrebbero potuto garantire tranquillità morale, confluirà in un netto cambiamento.
Con la sua innocenza, la sua bontà d’animo, Betty ha generato la nascita di nuove forme di vita che per molti sono idiomi a dir poco impossibili. Lasciar perdere? Assolutamente no! Non era uno dei suoi problemi, lei che non disse mai una bugia – o quasi -, non prese mai niente che non le venisse donato e ricambiato, doni assolutamente inaspettati.
La verità è semplice. Betty, alla fine, ha contagiato anche me, le cui vicende si fusero col ricordo di una successione di eventi: quelli che compresero la sottoscritta, nel periodo più turbolento della mia adolescenza. Malinconico ma dolce, confortevole come un abbraccio non del tutto caldo ma sentito, nel quale è stata delineata una storia dal sapore agrodolce. Abbellita da minuziose curiosità, voli pindarici di fantasia, un tuffo nel passato in cui l’idea di raggiungere la felicità è un sogno che non si infrangerà del tutto.
Valutazione d’inchiostro: 4
Non conosco, ottima recensione, grazie
RispondiEliminaA te :)
EliminaMi piace leggere romanzi ambientati tra l'Inghilterra edoardiana e la bohème parigina, hanno un fascino del tutto particolare. L'intrigo amoroso non ha confini, stuzzica la curiosità per una storia godibile ancora oggi. Un caro saluto :)
RispondiEliminaEdith Nesbit infatti dipinge una storia in cui è possibile respirare tutto questo.. ☺️
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