Come amo i romanzi di narrativa
contemporanea, vedo e colgo nell’immediato ciò che non attingono all’idea di
bello o indimenticabile per i miei gusti. Al mio giovane occhio, certi romanzi
sembrano integrarne altri. In camera mia, sulla mia poltrona preferita, quando
mi imbatto nella lettura di nuove opere mi accingo in punta di piedi: il
romanzo di Bussi, da un bel po' di tempo, vorticava attorno al mio cerchio in
particolare in un momento più rigoglioso e cruciale della settimana. Un’indicazione
della mia natura istintiva e introspettiva che mi ha lasciato per certi versi
con un marasma di sensazioni altalenanti, ma con l’idea di aver acquisito una
profonda comprensione dell’universo di Michel Bussi. Comprensione che,
disgraziatamente per me, non è stata conforme alle mie attitudini letterarie.
Io, che con la mia decrescente curiosità di
conoscenza per gli inutili omicidi che popolano continuamente i romanzi gialli,
che si distacca impunemente davanti a certi tipi di situazioni, davanti a un
romanzo come quello di Ninfee nere mi aiutò a farmi più scaltra. Io che ero
certissima che i miei dubbi avessero fondamento, in un momento di frenesia e
insoddisfazione, questo romanzò apparì come una copia dei romanzi di Agatha
Christie, o giù di lì, creatura indipendente, qualcosa di simile, per la quale
nutrì una certa predisposizione.
Pur quanto il risultato non abbia superato la
sufficienza, non fu nemmeno quel romanzo giallo che odiai intensamente: lo
sapevo, l’avrei dovuto dedurre, le cui aspettative furono distrutte non appena
compresi l’andamento della storia. Tuttavia la tangibile pienezza quotidiana
che cozza con un effetto scatenante, la fluida irregolarità del tempo che è il
miglior fondamento della vita di ognuno di questi personaggi insieme reggono
nella realizzazione di un’illusione, una fantasia di specchi nel quale avrà un
certo fondamento la pittura, vera e fondamentale per ognuno di loro.
Questo, tuttavia, lo sapevo già, e
acconsentendo così a farmi intrigare dalla prosa secca ma intrigante dell’autore,
ho accettato il prezzo da pagare nel leggere una storia carina ma non
bellissima il cui sipario calerà su un momento culminante dell’intero romanzo. L’epilogo
di una allegoria brutale innescata da una serie di avversioni, e le
innumerevoli conseguenze a cui si andrà incontro.
Titolo: Ninfee nere
Autore: Michel Bussi
Casa editrice: E/O
Prezzo: 16 €
N°di pagine: 394
Trama: A Giverny in Normandia, il villaggio
dove ha vissuto e dipinto il grande pittore impressionista Claude Monet, una
serie di omicidi rompe la calma della località turistica. L’indagine dell’ispettore Sèrènac ci conduce a
contatto con tre donne. La prima, Fanette, ha 11 anni ed è appassionata di
pittura. La seconda, Stèphanie, è la seducente maestra del villaggio, mentre la
forza è una vecchia acida che spia i segreti dei suoi concittadini da una
torre. Al centro della storia una passione devastante attorno alla quale girano
le tele rubate o perse di Monet ( tra le quali le Ninfee nere che l’artista
avrebbe dipinto prima di morire ). Rubate o perse come le illusioni quando
passato e presente si confondo e giovinezza e morte sfidano il tempo. L’intreccio
è costruito in modo magistrale e la fine è sorprendente, totalmente
imprevedibile.
La recensione:
Per
mettere a tacere la mia fervida curiosità ho impiegato più di due anni prima di
convincermi completamente a leggere Ninfee
nere di Michel Bussi, e quando fui dentro non feci nient’altro che
adagiarmi sulla tela di un alacre pittore che fece di questo romanzo un quadro
architettonico, colorato e seducente, che mentre sotto certi aspetti ha
“allietato” alcuni degli innumerevoli dolori della vita, sotto altri è quel
romanzo perfetto che spedisce di filato in un mondo contorto ma davvero
splendido che rivelano sprazzi di vite lontane. Magicamente, il momento in cui
Bussi bussò alla mia porta fu quello che mi sorprese vulnerabile,
destabilizzata. Ero reduce da un periodaccio – l’inverno aveva già seminato
qualche malore e raffredore vari – ma mai prima di adesso, anche se le
predisposizioni e le attinenze ci furono, in Ninfee nere non ci fu mai più quel cruciale momento in cui un
romanzo giallo o mistery mi attirasse così tanto.
Non
dò alcuna importanza, in definitiva, a tutto ciò che inizia o esordisce con
triplici o efferrati omicidi, e in definitiva, se il mio sesto senso avverte un
chè di profetico, a quegli elementi che di gran lunga si trascinano
inesorabilmente su ricerche ed indagini varie: non sono questi romanzi, i
gialli, ad essere così sfortunati, e sicuramente immeritevoli, destinatari di
tante belle cose. No. Bensì io, che qualunque parvenza di indagine o ricerca
varia non potè che non aderire. Se un tempo avevo sopportato giovani e
avvenenti fanciulle, vulnerabili e ingenue innamorarsi perdutamente del bello
di turno, non capivo come non avrei potuto dare il mio << consenso
>> nell’accogliere nel mio cantuccio personale una storia come quella
narrata in Ninfee nere. E infatti,
questo, fu l’unico modo per conoscere e comprendere l’entusiasmo che era stato
riservato a questo autore francese, soprattutto un uomo come lui che ebbe il
genio creativo di fondere ai temi cari della letteratura quelli della pittura.
Fin
dalle prime pagine era stato alquanto facile sopportare le svariate situazioni,
gli innumerevoli momenti di ricerca e incertezza, sproloqui di personaggi
indifesi e incomprensibili che, pericolosamente, mi privarono di una parte di
me stessa. Una volta che si assorbono certi “aspetti caratteriali” di un personaggio,
risulta difficile confidare che nasca qualcosa che vada al di là di una
semplice simpatia. Le mezze misure non sarebbero bastate, ne bastano mai. I
miei sforzi di non giungere a queste conclusioni pur di arrivare a quello che
doveva essere sempre affascinante, intrigante, mi sprovvide di interesse
generale. Nemmeno quando dopo le 150 pagine, sia in strada o in un giardino ben
curato, a tutto ciò che voleva il mio cuore ( occupato prontamente di
riconoscere e capire cosa attanagliava effettivamente queste figure di carta e
inchiostro ), arrivai alla conclusione che questo uso distaccato e impersonale
di personaggi, che poi si riveleranno nelle medesime sensazioni e azioni degli
altri, dopo un po’ mi logorarono. Non è stato facile, non ne ho potuto proprio
fare a meno. E’ terribilmente increscioso scrivere tutto questo. Ma sembrava
non esserci alcun punto di comunione fra me e questo autore. Non comprendere
che a tutto c’è un limite e che, purchè un romanzo divenga indimenticabile, un
pezzo della sua anima deve restare attaccata alla nostra.
Non
che tutto questo mi abbia indotto ad odiare o bocciare impunemente Ninfee nere, ma, comunque, questi sono
ricordi, sensazioni che ho avvertito così intensamente e che non riesco ancora
a scrollarmi di dosso, tutti associati a questi temibili omicidi, un po’ senza
capo né coda, un po’ campati all’aria, che ovviamente non ho compreso
completamente. Ricordi, dunque, che avrebbero potuto incontrarsi con aspetti
interiori o squarci dell’anima che hanno un certo fondamento, e che quando si
sarebbero fusi col mio spirito, oltre le tensioni di famigliari attanagliati da
un dolore che non avrà mai fine, in cui sarà possibile tendersi serenamente.
Alla
fine, anche io ero stata scelta e fatta salire a bordo di una barca che, così
come tanti altri lettori, mi ha condotta in un luogo perso chissà dove, ma
neanche mio in quanto non è stato l’esempio appropriato di chiara consocenza
del mio bagaglio culturale. Già il solo fatto che lo scenario si apre sulla
morte accidentale di un uomo pugnalato alla testa, smorzò l’entusiasmo che
avevo riservato a queste pagine, fra i meandri di una storia apparentemente
semplice ma attanagliante, che sin dal momento in cui vi misi piede comportò un
certo stato di torpore.
Il
piccolo villaggio di Giverne, è un luogo silenzioso, quasi spettrale, che
sebbene dipinto con quelle tonalità tipiche della pittura moliana, mi ha tenuta
stretta, incuriosita, nella morsa di una storia che a mio avviso possiede molto
poco mordente. Per me il desiderio di scovare una via di scampo, libertà,
allontanarsi da una dimensione che non dà alcuna parvenza di serenità, fra le
pagine di questo romanzo è stato alquanto assente, il cui “naturale” meccanismo
induce comunque al lettore di porsi alcune domande relative l’esistenza umana.
Ma
qualunque sia stata la vera ragione, o l’obiettivo a cui ha mirato l’autore,
per me Ninfee nere mi è scivolato
addosso come sabbia fine sul palmo di una mano, esperienza piacevole ma di poco
conto. Perché? Perché ha le fondamenta di un giallo, un mistery che si accende
di alcune tonalità pittoresche e che, sebbene alcune scene, non mi ha scosso
violentemente ne mi ha resso per molto. Dopo le prime cento pagine, la
descrizione di paci interiori frantumate, idee di perfezioni effimere che non
hanno un vero e proprio fondamento, mi ha indotta ad assistere al rapido
svolgimento dei calcoli ma non mi ha toccato o sconcertato con vivide
manifestazioni di oscenità o brutalità, diretta o logica. Ci parla di queste
tre donne come se non avessero nient’altra scelta che assistere a questo
terribile processo che un Fato disgraziato ha emesso al posto loro, non
esaminando tuttavia i motivi per cui è accaduto il tutto. Nell’insieme, dipinto
con semplicità, incisività, spicca per l’originalità del tema trattato, la
scorrevolezza della storia, parole che in un certo senso hanno fatto vibrare l’aria.
Hanno prodotto un suono che alle mie orecchie non è stato del tutto piacevole,
il cui messaggio trasmesso non è arrivato nemmeno dritto dritto al mio
cuore.
Valutazione d’inchiostro: 3
Nonostante il gran parlarne su Instagram, non mi ha mai ispirato.
RispondiEliminaIl tuo parere piuttosto freddo mi dice che faccio bene. :)
Anche secondo me :)
EliminaCiao Gresi, ho letto questo romanzo l'anno scorso: che dire, per certi aspetti mi è piaciuto (l'ambientazione, il legame con l'arte, il colpo di scena finale che non avevo compreso), per altri aspetti però non mi ha convinto, l'ho trovato un po' troppo lento e con una trama centrale poco efficace...
RispondiEliminaCiao, Ariel! A me purtroppo non piacciono i romanzi gialli, e sebbene questo è scritto bene non mi ha entusiasmato come credevo :)
EliminaNon mi ispira granche onestamente.. Grazie per la recensione
RispondiEliminaGrazie a te! :)
Eliminami ha ispirato fin da subito però non so se sia proprio il mio di libro. La tua recensione mi conferma i dubbi
RispondiEliminaNon so dirti, Chiara ☺️ a me non ha colpito particolarmente. Forse perché non amo i romanzi gialli... Però se ti incuriosisce non te lo sconsiglio ☺️☺️
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